Il Diritto Fallimentare e delle Società CommercialiISSN 0391-5239 / EISSN 2704-8055
G. Giappichelli Editore

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La Risoluzione del contratto di vendita è opponibile al curatore solo se la relativa domanda è stata trascritta prima della dichiarazione di fallimento (di Livia Marcinkiewicz)


Cassazione, Sez. I, 27 aprile 2018, n. 10294 – Pres. Didone – Rel. Vella

Con l’ordinanza in commento la Corte di Cassazione si è espressa sul tema del­l’opponibilità alla massa fallimentare della domanda di risoluzione di un contratto avente ad oggetto beni immobili. Il caso sottoposto all’esame della Suprema Corte prende le mosse dalla stipulazione di un contratto di appalto avente ad oggetto la realizzazione di un fabbricato su un terreno di proprietà della parte committente, la quale ha contestualmente venduto all’appaltatore altri terreni. Le parti hanno stabilito di compensare parzialmente il corrispettivo per l’appalto con il corrispettivo della vendita. A seguito dell’inadempimento della appaltatrice, la committente ha promosso pro­cedimento arbitrale per domandare la risoluzione dei contratti di appalto e di vendita. Il collegio arbitrale ha dichiarato la risoluzione del solo contratto di appalto, rilevando il proprio difetto di giurisdizione sulla domanda di risoluzione del contratto di vendita. Intervenuto il fallimento della appaltatrice, la committente ha svolto domanda di restituzione dei terreni oggetto del contratto di vendita ex art. 103 L. Fall., allegando la risoluzione del contratto di vendita per inadempimento dell’acquirente nonché per effetto della risoluzione del contratto di appalto, a cui il contratto di vendita era collegato. A fronte del provvedimento di rigetto, la committente ha svolto opposizione ex art. 98 L. Fall., ad esito della quale il Tribunale ha confermato il provvedimento del giudice delegato, rilevando fra l’altro che, in considerazione della vis attractiva del fallimento, «è inammissibile qualsivoglia iniziativa/azione proposta ex novo (successivamente alla sentenza dichiarativa del fallimento) ad opera del contraente in bonis» fatti salvi la possibilità di insinuare il credito al passivo e «gli effetti cd. prenotativi della trascrizione della domanda (L. fall., art. 72, … che però nella specie è del tutto mancata, il che impedisce di attribuire alla risoluzione data certa anteriore al fallimento». Avverso detto decreto, la committente ha proposto ricorso per Cassazione. La Suprema Corte ha, in primo luogo, rilevato che la dichiarazione di fallimento non preclude ex sé la proposizione di una domanda di risoluzione ove finalizzata a far valere in sede concorsuale le conseguenti pretese restitutorie e risarcitorie. Tuttavia – specifica la Corte –, laddove si tratti di beni immobili, occorre tener conto dell’art. 45 L. Fall., a norma del quale le formalità necessarie per rendere opponibili gli atti ai terzi, se compiute dopo la data della dichiarazione di fallimento, sono senza effetto rispetto ai creditori, nonché dell’art. 72, 5° comma, L. Fall., per il quale l’opponibilità della domanda di [continua..]
Fascicolo 3-4 - 2018