Il saggio si propone di verificare se il nuovo Codice della Crisi dell’Impresa e dell’Insolvenza ha fatto chiarezza su alcuni dei profili di maggiore criticità inerenti al presupposto soggettivo delle procedure da sovraindebitamento che erano stati evidenziati dalla dottrina e giurisprudenza nel vigore della L. n. 3/2012.
The paper aims to verify whether the new code of the business crisis and insolvency clarifies some of the most critical profiles inherent to the subjective assumption of over-indebtedness procedures that had been highlighted by the doctrine and jurisprudence under Law no. 3/2012.
Keywords: Insolvency Code – indebtedness
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1. Introduzione - 2. Il presupposto soggettivo di applicazione nelle procedure disciplinate dalla L. n. 3/2012 - 3. La composizione del debito dei soggetti illimitatamente responsabili negli enti collettivi societari - 4. (Segue): … e negli enti collettivi non societari - 5. La composizione del debito familiare privato - 6. (Segue): … e del debito familiare imprenditoriale - 7. Il presupposto soggettivo nel Codice della Crisi dell’Impresa e dell’Insolvenza - 8. Le soluzioni adottate dal c.i.i. in merito al debito dei soggetti illimitatamente responsabili negli enti collettivi societari (e non) - 9. Le soluzioni adottate dal c.i.i. in merito al debito privato e imprenditoriale delle famiglie - 10. Conclusioni - NOTE
Le procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento – introdotte nel nostro ordinamento dalla L. 27 gennaio 2012, n. 3 – sono dirette alla risoluzione delle situazioni di crisi nelle quali possono trovarsi i soggetti che, per le dimensioni o la natura dell’attività svolta, non possono fare riferimento alle procedure disciplinate dalla legge fallimentare [1]. Tre procedure – accordo di ristrutturazione dei debiti e di soddisfazione dei crediti, piano del consumatore e liquidazione del patrimonio – in grado di salvare il debitore “onesto ma sfortunato” dal “suicidio” [2] ma caratterizzate da un rilievo pratico modesto: le relazioni a legge delega e schemi di decreti delegati per la riforma della crisi e dell’insolvenza sottolineano la “quasi totale disapplicazione dell’istituto”, così motivando, tra l’altro, la necessità di includerlo nella riforma della legge fallimentare [3]. Tra i profili d’interesse delle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento un ruolo centrale è assunto dall’ambito soggettivo di applicazione della disciplina. Se è vero, infatti, che il Codice della Crisi dell’Impresa e dell’Insolvenza ha opportunamente semplificato il presupposto oggettivo di applicazione delle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento, un analogo intervento chiarificatore non sembra però rinvenibile nell’individuazione del soggetto legittimato a instaurare le procedure da sovraindebitamento [4].
La delimitazione del campo soggettivo di applicazione delle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento nella L. n. 3/2012 avviene anzi tutto attraverso il riferimento alla figura del “debitore”, che “non è soggetto né assoggettabile” alle tradizionali procedure concorsuali. Tanto premesso, leggendo a contrario gli artt. 6, 1° comma, 7, 2° comma, lett. a), della L. n. 3/2012 sembrano poter accedere alle procedure da sovraindebitamento: a) gli imprenditori individuali e le società commerciali sotto i parametri ex art. 1, 2° comma, L. Fall.; b) gli imprenditori individuali o le società che, cessata l’attività, non sono più fallibili ai sensi dell’art. 10 L. Fall.; c) gli imprenditori agricoli, per espressa previsione dell’art. 7, 2°-bis comma, L. n. 3/2012; d) le società di capitali e cooperative start-up innovative, sopra e sotto le soglie di fallibilità, per espressa previsione dell’art. 31, 1° comma, D.L. n. 179/2012; e) i professionisti, indipendentemente dalla loro iscrizione a un albo professionale e all’appartenenza a un ordine o collegio; f) le “società fra avvocati”, disciplinate dal D.Lgs. 2 febbraio 2001, n. 96; g) le “società fra professionisti” di cui alla L. 12 novembre 2011, n. 183 e al D.M. 8 febbraio 2013, n. 34; h) le associazioni professionali previste dalla L. gennaio 2013, n. 4; i) le “società per l’esercizio della professione forense” disciplinate nell’art. 4-bis, L. 31 dicembre 2012, n. 247 – introdotto dall’art. 1, 141° comma, lett. b), L. 4 agosto 2017, n. 124; l) le associazioni, le fondazioni, i consorzi tra imprenditori di mera disciplina, gli altri enti privati che non esercitano attività d’impresa [5]. Il “debitore non fallibile” non ha a disposizione tutte le procedure da sovraindebitamento: la L. n. 3/2012 ne riserva una specifica al consumatore che è definito “il debitore persona fisica che ha assunto obbligazioni esclusivamente per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta” [6]. Comprendere chi è il debitore sovraindebitato “comune” e chi il debitore sovraindebitato “consumatore” è uno sforzo ermeneutico indispensabile poiché soltanto [continua ..]
La composizione del debito del socio illimitatamente responsabile di un ente collettivo societario pone tre problemi: a) l’estensione al socio degli effetti della procedura di sovraindebitamento instaurata dalla società (non fallibile); b) l’accesso del socio di società fallibile ad autonoma procedura per comporre la propria esposizione debitoria (anche) di natura sociale; c) l’accesso del socio alle procedure di sovraindebitamento per un debito consumeristico o comunque estraneo al rapporto sociale [7]. Per quanto riguarda il primo profilo, la L. n. 3/2012 non prevede espressamente la possibilità per il socio di usufruire dell’effetto esdebitatorio derivante dall’accordo concluso dall’ente societario non fallibile con i propri creditori. Di conseguenza, una società potrebbe accedere alla procedura da sovraindebitamento e concludere un accordo con i propri debitori senza però considerare la posizione del socio illimitatamente responsabile che vedrebbe pertanto svanire la possibilità di usufruire degli effetti liberatori conseguiti direttamente dall’ente societario [8]. Un’ipotesi che sembra prestarsi anche a comportamenti opportunistici da parte dei creditori sociali, i quali potrebbero essere disposti ad accettare un accordo con la società – potenzialmente non particolarmente vantaggioso – rimanendo in essere la possibilità di agire nei confronti dei soci illimitatamente responsabili. Nel silenzio della L. n. 3/2012, le soluzioni sembrano due: l’accordo proposto dalla società si potrebbe occupare anche del profilo della responsabilità del socio ovvero il singolo socio potrebbe ristrutturare il sovraindebitamento residuo con un proprio accordo successivo (e collegato) a quello della società [9]. Altra questione è l’accesso del socio illimitatamente responsabile di società fallibile ad autonoma procedura per comporre la propria esposizione debitoria, anche di natura sociale. Un’interpretazione testuale degli artt. 6 (“situazioni di sovraindebitamento non soggette né assoggettabili a procedure concorsuali”) e 7, lett. a) (“non sia soggetto a procedure concorsuali diverse da quelle regolate dal presente capo”) della L. n. 3/2012 sembra far ritenere preclusa questa possibilità. La giurisprudenza è però divisa. Un primo [continua ..]
Il problema della composizione del debito dei soggetti illimitatamente responsabili nell’ambito di un’attività di impresa sorge anche con riferimento agli enti collettivi non societari. In particolare, dubbi sorgono in merito alla posizione dei soggetti che hanno agito in nome e per conto dell’associazione non riconosciuta e per i quali è prevista una responsabilità personale e solidale per le obbligazioni contratte dall’associazione a norma dell’art. 38 c.c. [28]. Il tema, anche in questo caso, pone tre diversi problemi: a) l’estensione ai soggetti responsabili ex art. 38 c.c. degli effetti della procedura di sovraindebitamento instaurata dall’associazione, b) l’accesso del soggetto responsabile ex art. 38 c.c. a una procedura di sovraindebitamento per comporre la propria esposizione debitoria “complessiva” sia imprenditoriale, sia privata; c) l’accesso del soggetto responsabile ex art. 38 c.c. a una procedura di sovraindebitamento per comporre un debito consumieristico o comunque estraneo all’attività d’impresa. Per quanto riguarda il profilo sub a), la L. n. 3/2012 non prevede che per effetto dell’accordo da sovraindebitamento concluso dall’associazione venga disposta la disharge del soggetto responsabile ex art. 38 c.c., il quale rischierebbe quindi di non usufruire degli effetti esdebitatori conseguiti direttamente dall’ente [29]. Il secondo problema riguarda l’accesso del soggetto illimitatamente responsabile ex art. 38 c.c. a una procedura da sovraindebitamento per comporre la propria esposizione debitoria complessiva, sia di natura imprenditoriale, sia di natura personale. A riguardo, sembra opportuno distinguere a seconda che l’ente collettivo non societario sia assoggettabile o meno al fallimento. Se l’ente non è soggetto alle procedure fallimentari, i soggetti che hanno agito in nome e per conto dell’associazione potrebbero instaurare una procedura di sovraindebitamento diretta a comporre la propria esposizione debitoria complessa, di natura imprenditoriale e personale [30]. Se l’ente collettivo non societario è soggetto alle procedure maggiori, bisogna stabilire se le persone che hanno agito in nome e per conto dell’associazione possano essere dichiarate fallite per estensione ex art. 147 L. Fall. in quanto – in tale ipotesi – [continua ..]
Sebbene non esplicitamente menzionate dalla relazione illustrativa e dalla stessa L. n. 3/2012, non vi è dubbio che i casi di squilibrio patrimoniale che possono interessare un gruppo familiare sono tra i principali campi di applicazione delle procedure di sovraindebitamento e rappresentano un’ipotesi statisticamente frequente e di notevole rilievo sociale [37]. Non a caso, prima dell’introduzione della nostra disciplina per la crisi da sovraindebitamento, diversi Paesi europei hanno introdotto strumenti normativi per tentare di fronteggiare le situazioni di difficoltà economica delle famiglie e permettere a quest’ultime di riprendere un ruolo nell’economia nazionale dopo aver superato la propria esposizione debitoria [38]. In altri termini, il debito familiare è un profilo centrale nella crisi da sovraindebitamento: malgrado ciò, la L. n. 3/2012 ha fornito una risposta inadeguata alla regolazione del debito familiare sia privato, sia imprenditoriale. Anzi tutto, vediamo la possibile composizione unitaria del debito privato delle famiglie. La L. n. 3/2012 non prevede la possibilità di instaurare una procedura di sovraindebitamento da più componenti della stessa famiglia, essendo stato definito il debitore sovraindebitato quale singola persona fisica. Il ricorso a una soluzione congiunta di composizione della crisi potrebbe essere ostacolato da diversi elementi: (i) l’art. 2740 c.c. prevede una responsabilità personale e presuppone la separazione delle masse attive e passive, (ii) il giudizio di meritevolezza del debitore sovraindebitato, per il quale la L. n. 3/2012 non offre spunti che consentano una valutazione congiunta. Dall’altra parte, non vi è dubbio che a fronte di casi di crisi familiare nei quali lo squilibrio finanziario ruota intorno a ragioni di debito comune ed è provocato da uno shock che ha colpito il nucleo familiare nella sua interezza è poco efficiente affidare la soluzione della crisi a un piano proposto da un unico componente della famiglia o appesantire i costi della procedura sdoppiando i ricorsi proposti singolarmente dai coniugi e/o familiari. La giurisprudenza si è frequentemente imbattuta in procedure da sovraindebitamento presentate congiuntamente da familiari, tentando di superare de jure condido i limiti e l’impostazione della L. n. 3/2012. In particolare, il Tribunale di Napoli ha ammesso [continua ..]
In merito all’esposizione debitoria familiare un profilo di interesse riguarda l’istaurazione di una procedura di sovraindebitamento per i debiti delle famiglie sorti nell’esercizio di un’attività imprenditoriale familiare: ovverosia, se e secondo quali modalità possa essere ammessa una composizione del debito nel caso di intersecazioni tra attività di impresa e componenti della famiglia. Il problema sembra assumere rilevanza sia nell’impresa familiare, sia nell’azienda coniugale. È ormai consolidata l’opinione per la quale il legislatore nel descrivere l’impresa familiare ha fatto riferimento esclusivamente all’impresa individuale e non anche a quella collettiva: il lavoro familiare è estraneo alle imprese collettive societarie [45]. Tanto premesso, il rapporto procedure da sovraindebitamento e impresa familiare sembra involgere due profili: a) l’accesso alla procedura da sovraindebitamento da parte del titolare dell’impresa familiare per comporre una situazione debitoria di natura personale, consumeristica o comunque estranea all’attività d’impresa, b) l’accesso alla procedura da sovraindebitamento da parte dell’impresa familiare per comporre la propria situazione debitoria. Per quanto riguarda il primo aspetto, è opportuno distinguere se si tratta di impresa familiare soggetta alle ordinarie procedure concorsuali o meno. In particolare, se l’impresa familiare è fallibile sembra difficile ammettere la possibilità per il titolare dell’impresa di instaurare una procedura da sovraindebitamento per la composizione della situazione debitoria personale o consumeristica: in caso di insolvenza dell’impresa familiare è quest’ultimo a “subire” gli effetti della dichiarazione di fallimento. Al contrario, se si tratta di impresa familiare non soggetta alle procedure maggiori sembra ipotizzabile la possibilità per il titolare dell’impresa di azionare una procedura da sovraindebitamento per la composizione di una situazione debitoria personale o consumeristica. In ogni caso, una situazione fattuale caratterizzata da un forte intreccio tra vita privata e vita d’impresa pone numerosi interrogativi: diversi problemi potrebbero sorgere se l’imprenditore titolare di un’impresa familiare “non fallibile” [continua ..]
La disciplina delle procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento rappresenta uno dei profili più significativi del nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza [54]. L’inclusione delle procedure da sovraindebitamento all’interno del Codice della Crisi è stata un’esigenza posta in evidenza sia dalla Commissione Rordorf, sia dalla legge delega n. 155/2017 al fine di riordinare e semplificare una disciplina che non aveva trovato particolare attuazione pratica anche a causa di un eccessivo tecnicismo e di presupposti d’accesso non particolarmente chiari [55]. Sotto quest’ultimo profilo si comprende la scelta del legislatore di intervenire sul presupposto oggettivo di applicazione delle procedure da sovraindebitamento, armonizzandolo con quanto previsto dalla (ancora) attuale legge fallimentare [56]. Intervento normativo che non si limita a definire il fenomeno da un punto di vista oggettivo ma – diversamente dalla L. n. 3/2012 – individua specificamente una serie di soggetti che costituiscono l’ambito soggettivo di applicazione delle procedure da sovraindebitamento [57], diversificandole in virtù del soggetto legittimato a instaurarle: solo la liquidazione controllata è accessibile da qualunque debitore, mentre il consumatore può far riferimento in via esclusiva alla procedura di ristrutturazione dei debiti e non è legittimato all’accesso al concordato minore riservato invece a tutti i rimanenti debitori indicati nell’art. 2, 1º comma, lett. c) [58]. Una riforma di ampio respiro, le novità del Codice sono numerose e molte di queste positive, che ha risolto diverse criticità della L. n. 3/2012 ma non ha chiarito del tutto i dubbi interpretativi in ordine alla composizione del debito dei soggetti illimitatamente responsabili e delle famiglie.
Le esigenze di semplificazione, riduzione dei costi di accesso alla procedura, razionalizzazione e ottimizzazione dell’intero sistema normativo hanno spinto il legislatore a occuparsi direttamente del rapporto tra le procedure da sovraindebitamento e il socio illimitatamente responsabile: non a caso, il capo dedicato alle procedure da sovraindebitamento prevedeva originariamente che quest’ultime producono “effetti anche nei confronti dei soci illimitatamente responsabili” [59]. L’art. 65, 4° comma, del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza aveva il merito di chiarire il primo profilo controverso della L. n. 3/2012: non vi era dubbio che il socio illimitatamente responsabile poteva beneficiare del discharge, degli effetti liberatori connessi all’istaurazione della procedura da sovraindebitamento da parte della società. In altri termini, la norma risolveva il primo problema della composizione del debito del socio illimitatamente responsabile di un ente collettivo societario ammettendo l’estensione degli effetti della procedura di sovraindebitamento instaurata dalla società (non fallibile) al socio. Ciononostante, l’art. 10, D.Lgs. 26 ottobre 2020, n. 147 ha abrogato il 4° comma dell’art. 65 del c.i.i. in quanto “la disposizione viene più opportunamente collocata negli articoli che disciplinano gli effetti della decisione di apertura del concordato minore o della liquidazione controllata” [60]. Se è vero che il legislatore sembra aver chiarito gli effetti della procedura di sovraindebitamento instaurata dalla società non fallibile, il Codice non prende posizione sull’accesso del socio di società fallibile ad autonoma procedura per comporre l’esposizione debitoria personale di natura anche sociale ovvero consumeristica e quindi estranea al rapporto sociale. Per tentare di fornire una prima soluzione a questi interrogativi, è necessario ricostruire la disciplina del sovraindebitamento attraverso la lettura combinata delle norme generali e di quelle specifiche che si riferiscono a quest’ultimo all’interno del Codice della Crisi[61]. La disciplina del sovraindebitamento è collocata in diverse parti del c.i.i.: all’art. 2 sono individuati i presupposti di accesso alle procedure, il capo II disciplina gli obblighi dei soggetti che si trovano o partecipano a una [continua ..]
Un’importante e apprezzabile novità del Codice della Crisi e dell’Insolvenza è rappresentata dalla possibilità riconosciuta ai membri di una famiglia di “presentare un unico progetto di risoluzione della crisi da sovraindebitamento” [65]. Il Codice prevede che i componenti della stessa famiglia – il coniuge, i parenti entro il quarto grado e gli affini entro il secondo, le parti dell’unione civile e i conviventi di fatto previsti dalla L. 20 maggio 2016, n. 76 – possono presentare un unico progetto di risoluzione della crisi da sovraindebitamento quando sono conviventi o quando il sovraindebitamento ha un’origine comune [66]. È stabilita inoltre una direzione unitaria in caso di procedure promosse singolarmente dai componenti della stessa famiglia, dovendo il giudice adito per primo adottare i necessari provvedimenti per assicurare il coordinamento tra le diverse procedure [67]. Una novità importante che sembra aver fatto proprio l’orientamento giurisprudenziale che già nel vigore della L. n. 3/2012 ha ritenuto ammissibile una procedura familiare unitaria laddove venisse rispettato il principio generale di cui all’art. 2470 c.c. e quindi il divieto di confusione dei patrimoni dei singoli membri della famiglia; in senso coerente, l’art. 66 c.c.i. prevede che “le masse attive e passive rimangono distinte” e “la liquidazione del compenso dovuto all’organismo di composizione della crisi è ripartita tra i membri della famiglia in misura proporzionale all’entità dei debiti di ciascuno” [68]. Se è vero che il Codice della Crisi e dell’Insolvenza affronta – e in gran parte risolve [69] – i problemi derivanti dalla composizione unitaria del debito privato delle famiglie, un intervento chiarificatore non si rinviene però in merito ai debiti imprenditoriali delle famiglie. In particolare, il Codice non si preoccupa di disciplinare l’ipotesi nella quale i componenti della famiglia intendono risolvere una situazione da sovraindebitamento che origina dall’attività d’impresa familiare stabilendo soltanto che “quando uno dei debitori non è un consumatore, al progetto unitario si applicano le disposizioni della Sezione III del presente capo”. Di conseguenza, in caso di domanda congiunta dei familiari con [continua ..]
Tre procedure – accordo di ristrutturazione dei debiti e di soddisfazione di crediti, piano dei consumatori e liquidazione del patrimonio – in grado di salvare il debitore “onesto ma sfortunato” dal “suicidio” ma caratterizzate da un rilievo pratico modesto [74]. Scarso rilievo pratico che sembra motivato anche dai numerosi problemi applicativi che le tre procedure pongono e sui quali il Codice della Crisi dell’Impresa e dell’insolvenza sembra apportare soltanto in parte un intervento chiarificatore. Infatti, la riforma – pur affrontando l’argomento – non sembra aver risolto tutti problemi derivanti dall’accesso del socio illimitatamente responsabile a una procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento e in ordine alla composizione del debito privato e imprenditoriale delle famiglie. In particolare, è ancora incerta la possibilità per il soggetto illimitatamente responsabile di un ente collettivo societario (e non) “soprasoglia” di accedere a una procedura da sovraindebitamento per comporre la propria situazione debitoria complessiva. Se appare preferibile l’interpretazione che ritiene iniquo imporre il divieto di accesso alle procedure da sovraindebitamento al soggetto illimitatamente responsabile, l’orientamento contrario prospettato da una parte della giurisprudenza e dottrina non è privo di fondamento. Il Codice della Crisi dell’Impresa e dell’Insolvenza non sembra aver preso posizione su tali profili e sui quali sembra auspicabile pertanto un intervento da parte dei decreti correttivi, previsti, come noto, dalla L. 8 marzo 2019, n. 20. Il primo decreto legislativo recante disposizioni integrative e correttive del Codice della Crisi dell’Impresa e dell’Insolvenza non sembra risolvere tali problemi, sottovalutando inoltre del tutto i profili (e i problemi) procedurali, le sovrapposizioni tra le procedure da sovraindebitamento instaurate dall’ente collettivo societario e non, dai soggetti illimitatamente responsabili e dalle famiglie [75]. Fino a quando il legislatore non interverrà su tali questioni, un ruolo centrale per la regolamentazione dei problemi derivanti dall’applicazione delle procedure da sovraindebitamento ai soggetti illimitatamente responsabili di enti collettivi societari e non e alle famiglie dovrebbe essere svolto dall’autonomia privata e [continua ..]