Sebbene l’art. 163-bis L. Fall. obblighi il Tribunale a disporre l’apertura di un procedimento competitivo ogniqualvolta il piano concordatario preveda un’offerta da parte di un soggetto già individuato avente ad oggetto il trasferimento in suo favore dell’azienda o di un suo ramo, le due pronunce qui annotate seguono soluzioni contrapposte quanto all’applicazione della relativa disciplina. Per un verso, infatti, ne accertano l’elusione da parte del debitore, per effetto di una operazione straordinaria di scissione parziale collegata ad un precedente contratto di affitto del ramo di azienda oggetto di assegnazione patrimoniale in favore della società scissionaria a seguito dell’omologazione del concordato; per altro verso, non ravvisano i connotati della fattispecie di cui all’art. 163-bis L. Fall., nell’ipotesi di conferimento dei rami di attività del debitore a società conferitarie da 206 Il diritto fallimentare e delle società commerciali 1/2018 questi controllate. Partendo dai casi di specie, il contributo intende soffermarsi, dunque, sulle criticità dell’istituto delle offerte concorrenti, disciplinato dall’art. 163-bis L. Fall., e della sua ratio, che impone una liquidazione competitiva dei beni del debitore, alla luce della ricostruzione della fattispecie del concordato con continuità aziendale indiretta, nei casi in cui siano contenuti, all’interno del relativo piano concordatario, atti dispositivi del patrimonio del debitore collegati ad operazioni societarie straordinarie, le quali, avendo natura riorganizzativa dell’ente societario in crisi, siano a loro volta effettivamente preordinate a garantire la prosecuzione oggettiva dell’attività di impresa secondo quanto prescritto dall’art. 186-bis L. Fall.
The article 163-bis of Italian Bankruptcy Law orders the Court to open an auction whenever the debtor’s plan of “concordato preventivo” contains an offer to purchase the assets of the distressed company or a part thereof by a predetermined person by the debtor. However, the two judgments noted here have different opinions about the application of this rule and, consequently, if it’s necessary to arrange a competitive procedure in order to obtain the maximization of the bankruptcy recoveries. Following these considerations, this note focuses on the critical issues of competing bids in the light of the corporate reorganizations under the “concordato preventivo”, in cases where the insolvent firm plan contains sales or rents of corporate assets intended to corporate transactions, such as mergers, partial demergers, sales of business, with which the distressed company keep in going concern.
1. Le cause di interesse e le questioni di diritto sollevate dalle pronunce in commento - 2. La ricostruzione della fattispecie del concordato preventivo con continuità aziendale «indiretta»: il problema della compatibilità dell’affitto di azienda ed i diversi orientamenti maturati - 3. (Segue): le forme di «azienda in esercizio» mediante continuità indiretta rilevanti ai sensi dell’art. 186-bis L. Fall. - 4. Le ricadute sistematiche (e i problemi emergenti) in merito all’applicazione della disciplina delle offerte concorrenti: «liquidazione competitiva» sul mercato e struttura del concordato preventivo - 5. (Segue): natura degli atti «dispositivi» dell’impresa societaria in crisi strumentali alla sua continuità indiretta e ruolo delle offerte concorrenti - 6. (Segue): indole «riorganizzativa» del piano concordatario e valenza causale degli atti/operazioni strumentali alla continuità aziendale indiretta in rapporto alle offerte concorrenti - 7. (Segue): problemi sostanziali e procedurali del potere regolativo del Tribunale in sede di offerte concorrenti - Note
Le pronunce in epigrafe costituiscono utile occasione per svolgere un’analisi dell’ambito di applicazione della disciplina delle offerte concorrenti, introdotta all’art. 163-bis L. Fall. con la «miniriforma» del diritto delle procedure concorsuali – di cui al D.L. 27 giugno 2015, n. 83, convertito con modificazioni con L. 6 agosto 2015, n. 132 – in rapporto alle operazioni societarie straordinarie (quali, ad es., il conferimento di tutto o parte del complesso aziendale dell’impresa in crisi ad una diversa società variamente collegata a quella in concordato; ovvero, la fusione o la scissione del compendio patrimoniale residuo della società in crisi) veicolabili all’interno del piano concordatario, in funzione della prosecuzione in forma indiretta dell’attività prevista dall’art. 186-bis, 1° comma, L. Fall. [1]; questione che sembra non destare, ad oggi, particolare interesse tra gli interpreti [2]. Nei due casi in esame, infatti, i piani di concordato, predisposti e finalizzati ad assicurare il soddisfacimento dei creditori mediante la continuità aziendale, perseguono altresì l’obiettivo di una riorganizzazione sul piano strutturale delle società in crisi, registrandosi per tale ragione una non facile interferenza delle operazioni a tal fine progettate con la disciplina delle offerte concorrenti. Nella specie, la prima sentenza ha affrontato il tema dell’ammissibilità di una domanda di concordato presentata in forza di un piano qualificato come di continuità aziendale indiretta, al cui interno la società proponente prevedeva uno schema negoziale ed attuativo complesso. Più precisamente, si offriva ai creditori la liquidazione di una parte dei beni «non-core» dell’impresa in crisi, con relativa destinazione dell’ammontare a beneficio di costoro, in aggiunta ad una prosecuzione c.d. «a tempo» [3] dell’attività di impresa da realizzarsi, nel periodo intercorrente sino alla data di omologa del concordato, mediante la concessione dell’autorizzazione a concludere un contratto di affitto di ramo d’azienda, ex art. 161, 7° comma, L. Fall., da parte di una nuova società costituita in limine alla presentazione della domanda di ammissione, con l’ulteriore previsione di deliberare, entro tre mesi [continua ..]
È però il caso di premettere che, grazie alle pronunce in commento, la questione dell’applicazione o meno della disciplina delle offerte concorrenti alle operazioni societarie straordinarie contenute nel piano presentato dal debitore risulta intimamente correlata alla funzione svolta dalla continuità aziendale «indiretta», rispetto ai «modi» di soddisfazione dei creditori e quindi alle «modalità» di adempimento della proposta concordataria. Infatti, gli obiter dicta dei due Tribunali in punto di «affitto-ponte» di azienda, collegato ad una scissione priva in realtà di rilevanza ai fini della riuscita del piano, e di prosecuzione mediata dell’attività determinata nel tempo ma ciononostante profittevole per i creditori, configurano i presupposti argomentativi da cui occorre partire per delineare quando il contenuto del piano con continuità aziendale indiretta, avente anche funzione riorganizzativa della struttura societaria dell’impresa debitrice, renda gli atti o le operazioni a ciò dirette incompatibili con la fattispecie dell’art. 163-bis L. Fall.: tale interrogativo, infatti, può trovare proficua trattazione solo dopo aver delineato, anche in base alle indicazioni desumibili in proposito dalla sopracitata L. n. 155/2017, i connotati della fattispecie dell’art. 186-bis L. Fall., su cui le offerte concorrenti vanno ad insistere [16], avuto riguardo al ruolo che la prosecuzione dell’attività di impresa realizzata mediante l’affitto di azienda può svolgere per i creditori. A tale riguardo, è ormai risaputo che l’utilizzazione dello strumento dell’affitto di azienda o di un suo ramo, quale tappa del processo di regolazione della crisi in via concordataria, vive un’incerta collocazione sistematica, che da tempo impegna la dottrina e la giurisprudenza [17], divise tra chi riconduce le caratteristiche strutturali del relativo contratto al concordato liquidatorio, essenzialmente in considerazione del quantum oggetto della prestazione dovuta dall’affittuario, che si traduce nella percezione dell’ammontare dei canoni da parte del debitore concordatario [18], e chi, all’opposto, valorizzandone le caratteristiche funzionali e/o di scopo – che si estrinsecano nella capacità di salvaguardare, tramite la temporanea circolazione [continua ..]
La constatazione cui si è giunti, in aggiunta proprio al comb. disp. degli artt. 2, 1° comma, lett. g) e 6, 1° comma, lett. i), n. 2 e 3 della L. n. 155/2017, induce a riconsiderare le interpretazioni che parte della dottrina ha fornito in ordine ai caratteri qualificanti della continuità aziendale ai fini del soddisfacimento dei creditori [24], facendone derivare la loro sussistenza anche nel caso della prosecuzione indiretta dell’attività, allineata al contesto letterale e funzionale dell’art. 186-bis L. Fall. Tra questi connotati, va rimarcata l’insistenza del rischio d’impresa sui creditori concordatari, e di riflesso sul debitore, il quale, estrinsecandosi in potenziali perdite, cui vanno a sommarsi le passività scaturenti dalle obbligazioni sorte per effetto della prosecuzione dell’attività e della correlata «moltiplicazione» nel passivo concordatario dei crediti prededucibili [25], può dirsi sussistente solo allorché si renda la prosecuzione indiretta dell’attività (garantita, quanto meno, prima dell’omologazione [26]) elemento centrale e prevalente del soddisfacimento dei creditori stessi. A livello letterale, una conferma di tale assunto si trova, infatti, nello stesso art. 186-bis, 1° comma, L. Fall., che, nel descrivere le possibili ipotesi di continuità aziendale indiretta, richiede, pur sempre, che l’atto di cessione o di conferimento riguardi un’azienda «in esercizio». Ma tale ricostruzione consente di chiarire, anche a livello funzionale [27], il ruolo che le diverse tecniche giuridiche di disposizione indiretta dell’impresa approntabili dal debitore, con lo scopo di assicurarne la continuità, devono rivestire all’interno del piano, poiché non basta che «l’azienda sia in esercizio» [28]: gli atti o le operazioni lato sensu dismissive dell’azienda, al contrario, devono rientrare nella strategia volta al superamento della crisi con l’intento di garantire un esercizio «endoconcordatario» dell’impresa declinato nella prospettiva di una concreta «modalità di adempimento dell’obbligazione di pagamento» [29] che il debitore, mediante l’attività di terzi, ha prescelto nel piano [30], nella misura in cui il predetto esercizio risulti [continua ..]
La ricostruzione della continuità aziendale indiretta che si è tentato di offrire nelle pagine precedenti trova il suo risvolto applicativo in riferimento al secondo argomento di interesse delle pronunce in commento, potendo la stessa essere impiegata quale criterio discriminante in base al quale applicare o meno la disciplina delle offerte concorrenti agli atti o alle operazioni societarie [40] descritte nel piano concordatario e ivi poste «a servizio» [41] della ristrutturazione dei debiti della società in crisi. L’introduzione dei «modelli competitivi» delle proposte concorrenti e, per quanto qui interessa, delle offerte concorrenti, manifesta, infatti, appieno il delicato punto di attrito esistente tra la duttile fisionomia del concordato preventivo disegnata nel corso degli anni dal legislatore, specie per ciò che concerne l’idea, già risalente nel tempo, che la procedura concordataria fosse idonea a consentire all’impresa in crisi una «gestione risanatoria volta alla rigenerazione dell’indebitamento» [42], e l’ampia autonomia concessa al debitore concordatario, che in concreto si risolve spesso in una ritrosia ad avanzare una soluzione efficiente della crisi che sia davvero anticipatoria della stessa, dimostrando l’inesattezza di tali propositi se comparati con la realtà economica [43]. Proprio per ovviare a tali squilibri, che danno luogo ad una capacità di realizzo per i creditori inferiore a quanto loro dovuto, il legislatore con la novella di cui allaaa L. n. 132/2015 ha aperto la procedura concordataria alla concorrenza, passando da un sistema nel quale la soluzione della crisi era sorretta da un piano formulato sulla base del principio di autonomia del debitore e di disponibilità dei creditori [44] ad uno nel quale l’impresa in crisi è divenuta «contendibile» [45] da parte dei terzi, tanto nella sua struttura proprietaria, quanto nella destinazione dei beni che la compongono e oggetto di atti di disposizione contenuti generalmente all’interno del piano concordatario; opzione che non è più rimessa alla libera determinazione del debitore, sia nella tecnica negoziale attraverso cui, a vario titolo, far circolare l’azienda o parte di essa, sia, soprattutto, nella scelta del soggetto beneficiario, essendo questi soggetti ad una [continua ..]
Se si condivide l’impostazione di cui sopra, non resta che provare ad operare una ricostruzione dell’istituto delle offerte concorrenti funzionale a tracciare una linea di confine tra gli atti o le operazioni societarie dal contenuto «riorganizzativo» presenti all’interno di un piano concordatario effettivamente predisposto dal debitore al fine di continuare l’attività di impresa, che saranno sottratte alla relativa disciplina; e, all’opposto, gli atti o le operazioni societarie che di «riorganizzativo» non presentano i requisiti effettuali minimi in rapporto al piano cui si legano, i quali necessariamente dovranno soggiacere al «sondaggio del mercato» [55], onde consentire di estrarre un valore maggiore a beneficio dei creditori, sulla scorta di adeguati criteri loro applicabili e valutati dal Tribunale, ogniqualvolta il debitore presenti un piano (nel nostro caso di concordato con continuità) [56] nel quale sia previsto un trasferimento a titolo oneroso dei beni aziendali a un soggetto terzo previamente individuato. Seguendo l’ordine di ragioni che ci si è dato [57], la prima verifica che incombe sugli organi della procedura, ai fini dell’apertura del procedimento competitivo delle offerte concorrenti, verte sulla natura degli schemi negoziali attraverso i quali il debitore concordatario è solito far circolare l’azienda in esercizio, in prossimità o in pendenza del concordato con continuità indiretta: tali sono, tipicamente, l’affitto, la cessione o il conferimento in società del ramo di azienda che ancora presenta una residua capacità produttiva, come avvenuto nei due casi in esame. Di fronte a tale cerchia di soluzioni concordatarie, non è azzardato affermare che la posizione in cui si trova il Tribunale, tenuto ad avviare con decreto la procedura delle offerte concorrenti anche in assenza di un piano [58], non può che risentire del grave difetto di impostazione su cui poggia la disciplina dell’art. 163-bis L. Fall. [59], chiaramente modellata sull’ipotesi di liquidazione concordataria dei beni del debitore (cfr. anche l’art. 182, 5° comma, L. Fall., che adesso dispone il richiamo degli artt. 105-108-ter L. Fall., alle «vendite», «cessioni» e «trasferimenti» effettuati «dopo il deposito della domanda di [continua ..]
Le conclusioni appena formulate devono, però, essere lette alla luce dei casi in esame e in particolar modo della decisione del Tribunale di Catania, la quale ben si presta ad essere presa a modello al fine di individuare il rapporto che deve intercorrere tra offerte concorrenti e piano concordatario con continuità indiretta, che presenti un contenuto programmatico complesso avente finalità riorganizzative della società in crisi. La previsione nell’architettura organizzativa del piano di molteplici atti e/o operazioni dirette alla prosecuzione mediata dell’impresa societaria pone, infatti, il problema di capire se e come l’articolato schema negoziale predisposto dal debitore per regolare la crisi in via concordataria soggiace, in uno alla ristrutturazione societaria, anche alla disciplina delle offerte concorrenti, assumendo pratica rilevanza la questione se sia lecito considerare atomisticamente i diversi atti [69] o se non sia necessario vagliarne unitariamente la valenza causale che ne regge l’impiego in un concordato [70], in quanto collegati tra di loro e concausali alla prescelta modalità di soddisfazione dei creditori. Il primo criterio di valutazione può essere proficuamente impiegato proprio nel caso deciso dal Tribunale di Catania, nel quale l’asserita considerazione «strumentale» dell’«affitto-ponte» del ramo di azienda rispetto alla complessiva riorganizzazione concordataria della società in crisi, attuata per il tramite necessario della successiva operazione di scissione parziale proporzionale, non ha avuto in concreto, come dimostrato, alcun impatto sulle modalità di soddisfacimento dei creditori concorsuali. Da tale angolazione, quindi, l’applicazione della disciplina delle offerte concorrenti al singolo contratto di affitto di azienda, prodromico a qualsivoglia ulteriore atto od operazione che si accerti essere sfornita di intento riorganizzativo [71], si giustifica in base al disposto del 5° comma dell’art. 163-bis L. Fall., con ciò ponendo il Tribunale nella posizione di dover vagliare soltanto la «compatibilità» dell’apertura della procedura competitiva con la funzione svolta dalla temporanea concessione in godimento a terzi del compendio aziendale dell’impresa in crisi. E, invero, la tipica funzione svolta dal contratto di affitto di azienda, [continua ..]
In effetti, l’incidenza dei poteri in tema di predisposizione del regolamento di gara da parte del Tribunale mal si confà alla struttura e all’assetto del piano concordatario predisposto dal debitore, allorquando lo stesso presenta anche un programma riorganizzativo della società in crisi. L’ampia conformazione eterogiudiziale del piano, a seguito dell’esito della competizione sul bene oggetto dell’offerta originaria, pone, infatti, delicate questioni, tutte riassumibili nella considerazione per la quale, dinnanzi ad un’architettura programmatica della crisi di impresa che presenta l’impiego di operazioni di ristrutturazione dell’assetto societario finalizzate a garantire la prosecuzione indiretta dell’attività e che sono rese irrevocabili, agli effetti della procedura competitiva, soltanto nel momento in cui vengono modificate in conformità a quanto previsto nel decreto che dispone l’apertura del sub-procedimento competitivo, le supposte «modalità di presentazione delle offerte», nonché i «requisiti di partecipazione degli offerenti» adottati dal Tribunale nel decreto, ai sensi del 2° comma dell’art. 163-bis L. Fall., possono modificare il contenuto delle previsioni negoziali ed organizzative del piano, con esiti inversi rispetto a quelli tutelati dalla disciplina della liquidazione competitiva dei beni concordatari. Ciò vale in specie laddove le clausole convenute nell’offerta originaria o le operazioni societarie assumano rilevanza causale nell’economia complessiva del concordato con continuità [92], in quanto senza le stesse si spezzerebbe il nesso logico-funzionale sussistente tra la determinata conformazione del piano concordatario e l’articolazione della proposta rivolta ai creditori [93]. È chiaro, infatti, che nel concordato con continuità aziendale indiretta il meccanismo delle offerte concorrenti, per come ricostruito, intervenendo su un assetto di interessi che tipologicamente non prevede il pagamento dei creditori attraverso il (solo o prevalente) corrispettivo conseguito dalla cessione dei beni [94], regolamenta un criterio di selezione dell’aggiudicatario inadeguato, che una isolata dottrina nota essere «solo apparentemente dirimente in favore del miglior interesse dei creditori» [95], in quanto [continua ..]