Il Diritto Fallimentare e delle Società CommercialiISSN 0391-5239 / EISSN 2704-8055
G. Giappichelli Editore

indietro

stampa articolo indice fascicolo leggi articolo leggi fascicolo


Liquidazione e ricostruzione dell'attivo nel Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza * (di Maria Teresa della Cortiglia, Avvocato in Roma)


Lo scritto esamina le innovazioni apportate dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insol­venza alla disciplina della liquidazione dell’attivo (nel più ampio ambito della liquidazione giudiziale, sostitutiva dell’attuale fallimento), dando conto delle recenti modifiche introdotte dal Primo Correttivo e attribuendo particolare rilievo agli indici normativi di emersione dell’attività, ad essa propedeutica, di ricostruzione dell’attivo, aspetto nevralgico della funzione del curatore fino ad oggi trascurato dal legislatore.

The work examines the innovations brought by the Corporate Crisis and Insolvency Code to the discipline of asset liquidation (in the wider context of judicial liquidation, replacing the current bankruptcy), taking into account the recent changes introduced by the First Corrective and attributing particular importance to the normative indices of emergence of the activity, preparatory to it, of reconstruction of the assets, a crucial aspect of the function of the bankruptcy trustee until now neglected by the legislator.

Keywords: Insolvency Code – business continuity – competitiveness – provisional budget – winding-up program

SOMMARIO:

Premessa - 1. La liquidazione dell’attivo nel sistema del Codice della Crisi e il valore trasversale della continuità - 2. Il programma di liquidazione riformato - 3. Le modalità della liquidazione e i poteri del giudice delegato - 4. Gli indici di emersione della ricostruzione dell’attivo - NOTE


Premessa

Il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, sovvertendo l’attuale impostazione del fallimento, afferma, chiaramente, il principio generale della compatibilità tra impresa e procedura liquidatoria (liquidazione giudiziale, nell’assetto riformato), di cui modula la diversa valenza in relazione ad affitto, esercizio temporaneo e vendita dell’azienda. Tratto unificante delle predette ipotesi è la rilevanza della conservazione del valore aziendale, nella sua dimensione oggettiva e dinamica, che trova oggi cittadinanza sin dalla programmazione dell’attività liquidatoria, indicativa di specifiche misure a ciò finalizzate. La continuità incontra, tuttavia, il proprio limite ontologico nella salvaguardia dell’interesse dei creditori, alla cui soddisfazione è pur sempre finalizzata la prosecuzione dell’attività in ambito concorsuale. In relazione alle modalità della liquidazione, il legislatore della Riforma, in funzione di ottimizzazione dei risultati, accentua la celerità e potenzia la competitività, attraverso la generalizzazione del modello telematico. Appare questo il senso della direttrice di politica legislativa, sottesa all’omoge­neizzazione di disciplina dell’esecuzione individuale e concorsuale, che emerge dalla disamina delle nuove disposizioni in tema di liquidazione dell’attivo. Ne deriva una parallela riemersione dei profili pubblicistici della gestione liquidatoria, collegata e conseguente all’accentuazione del potere di direzione, controllo ed intervento del giudice delegato, il cui più pregnante ruolo sancisce il ripristino del quadro sistematico anteriore alle riforme del 2006/2007, che avevano sostituito alla centralità dell’organo giurisdizionale quella del comitato dei creditori. Il potenziamento dell’attività liquidatoria viene perseguito dalla Riforma anche attraverso una più significativa valorizzazione normativa della funzione (ad essa propedeutica ed essenziale) di ricostruzione delle poste attive, alla quale la disciplina dei flussi informativi e dei poteri-doveri di accesso del curatore alle banche dati pubbliche (pur se non compresa nell’ambito disciplinare della liquidazione in senso stretto) sembra offrire validi e convergenti strumenti operativi.


1. La liquidazione dell’attivo nel sistema del Codice della Crisi e il valore trasversale della continuità

L’indagine in ordine alle modifiche apportate alla liquidazione dell’attivo dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (di seguito anche Codice o CCII), che ha introdotto la recente riforma organica delle procedure concorsuali (d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 [1]), non può che prendere le mosse dalla ricostruzione dell’asset­to disciplinare della liquidazione giudiziale, quale procedura meramente liquidatoria, sostitutiva dell’attuale fallimento, alternativa e subordinata alle ipotesi di ristrutturazione e conservazione aziendale. Le disposizioni generali contenute nel Titolo V del Codice (sedes materiae) devono essere collegate e coordinate sistematicamente con la disciplina del Titolo I, che pone, all’art. 7, il principio della trattazione unitaria delle domande di regolazione della crisi e dell’insolvenza e della priorità di trattazione (cosiddetta corsia preferenziale) delle domande conservative (concordato e accordo di ristrutturazione) rispetto a quelle meramente liquidatorie, nonché con le norme contenute nel Titolo III, relativo alle procedure di regolazione della crisi e dell’insolvenza, che aspira a creare un modello processuale uniforme. Rileva, inoltre, il raccordo con la disciplina delle procedure di allerta contenuta nel Titolo II del Codice, potendosi addivenire all’apertura della liquidazione giudiziale, ad istanza dei soggetti legittimati ex artt. 37 e 38 CCII, anche all’esito del procedimento di composizione assistita della crisi, ove il debitore non raggiunga un accordo con i propri creditori finalizzato al suo superamento. Concentrando l’attenzione sulle disposizioni sostanziali di carattere generale contenute nel Titolo V, capo I, sez. I, CCII, deve evidenziarsi, innanzitutto, che i presupposti soggettivi ed oggettivi della liquidazione giudiziale non risultano “stravolti” rispetto all’omologa disciplina dettata dagli artt. 1 e 5 L. Fall. per la dichiarazione di fallimento. L’art. 121 CCII, laddove prevede che “Le disposizioni sulla liquidazione giudiziale si applicano agli imprenditori commerciali che non dimostrino il possesso congiunto dei requisiti di cui all’articolo 2, co.1, lett. d), e che siano in stato di insolvenza”, richiama, infatti, sia pure con diversa formulazione, il concetto di impresa minore o sotto-soglia disciplinato dall’art. 1 L. Fall., rispetto al quale i [continua ..]


2. Il programma di liquidazione riformato

L’attuale art. 104-ter L. Fall., che codifica la disciplina del programma di liquidazione, è interamente riformulato dall’art. 213 CCII, il cui tenore potenzia la funzione tipica dello strumento generale di pianificazione ed indirizzo delle attività liquidatorie del curatore, introducendo una serie di modifiche che tendono a consolidare la spinta “acceleratoria” già impressa, a dette attività, dal d.l. n. 83/2015 [14] e assurta, poi, a valore fondante della legge delega n. 155/2017. Il riformato assetto normativo conduce ad un diverso equilibrio tra organi della procedura, connotato da una sensibile accentuazione dei poteri di controllo e di direzione del giudice delegato e dal connesso ridimensionamento del ruolo in precedenza assolto dal comitato dei creditori, oltre che da una forte responsabilizzazione dell’organo gestorio, in ordine alla durata e ai costi dell’attività liquidatoria. Trova, inoltre, espresso riconoscimento il favor verso la conservazione del valore aziendale. Rileva, innanzitutto, il disposto dell’art. art. 213, 1° comma, CCII, che recepisce integralmente il contenuto dell’art. 104-ter, 1° comma, L. Fall., mutuandone il termine di sessanta giorni dall’inventario e di non oltre centottanta giorni dalla sentenza di apertura della liquidazione per il deposito del programma, a pena di revoca per giusta causa del curatore. Il Codice pone un ulteriore termine all’attività liquidatoria, prevedendo una precisa delimitazione temporale dell’inizio di tale attività; inizio che, a mente del 5° comma dell’art. 213, non potrà essere posteriore allo scadere del dodicesimo mese dall’apertura della liquidazione: l’organo gestorio dovrà, quindi, porre in essere il primo tentativo di vendita dei beni ed avviare le attività recuperatorie dei crediti entro dodici mesi dall’apertura della procedura. La disposizione trova giustificazione nel collegamento sistematico con il 2° comma dell’art. 136 CCII, alla cui stregua «il curatore procede alle operazioni di liquidazione contemporaneamente alle operazioni di accertamento del passivo», secondo un principio già posto dalla riforma del 2006. Quest’ultima, ponendo un’autonoma disciplina dell’esercizio provvisorio, aveva infatti superato l’impostazione, formatasi nella vigenza [continua ..]


3. Le modalità della liquidazione e i poteri del giudice delegato

L’art. 216 CCII innova il disposto del­l’art. 107 L. Fall. sin dalla rubrica, riferita non più alle modalità delle vendite ma, in generale, alle modalità della liquidazione. Alla base dell’intera disciplina, resta ferma la summa divisio tra le vendite cosiddette deformalizzate effettuate – anche avvalendosi di soggetti specializzati – con le procedure competitive di cui all’attuale art. 107, 1° comma, L. Fall., contemplate ora dal 2° comma dell’art. 216 CCII e le vendite effettuate, invece, secondo le disposizioni del codice di procedura civile (in quanto compatibili), ai sensi del 2° comma dell’art. 107 L. Fall. (vale a dire le vendite che si svolgono innanzi al giudice delegato ex art. 591-bis, 2° comma, c.p.c. ovvero al professionista delegato ex art. 591-bis, 1° comma, c.p.c.), disciplinate ora dall’art. 216, 3° comma, CCII. L’elemento di più significativa innovazione introdotto dalla Riforma attiene al­l’intervenuta generalizzazione del modello telematico a tutte le vendite, sancita dall’art. 216, 4° comma, CCII, laddove stabilisce che le vendite di cui ai commi secondo e terzo sono effettuate con modalità telematiche tramite il portale delle vendite pubbliche (sistema di pubblicità legale di tutte le vendite giudiziarie introdotto dal d.m. 26 febbraio 2015, n. 32) [22], salvo che dette modalità “non siano pregiudizievoli per gli interessi dei creditori e per il sollecito svolgimento della procedura”. Dunque, qualora il ricorso alle modalità telematiche risulti pregiudizievole per gli interessi dei creditori o per il sollecito svolgimento della procedura, il curatore può ricorrere ad altre tipologie di vendita. La disposizione, inserita a seguito di un’osservazione posta dalla Commissione Giustizia della Camera e dal Consiglio di Stato, pone l’accento sull’interesse dei creditori e al sollecito svolgimento della procedura, confermando un principio già posto dall’art. 569, 4° comma, c.p.c. per l’esecuzione individuale. Essa rivela la sua utilità qualora le caratteristiche della vendita siano, in concreto, inconciliabili con le modalità telematiche. Emblematico, in tal senso, il caso in cui si debba vendere una quota di comproprietà, evenienza in cui può essere più utile rivolgersi [continua ..]


4. Gli indici di emersione della ricostruzione dell’attivo

La ricognizione delle principali innovazioni apportate alla disciplina della liquidazione dell’attivo induce una rimeditazione del ruolo del curatore, la cui opera di pianificazione dell’attività liquidatoria appare, nel sistema del Codice, da un lato, maggiormente responsabilizzata in ordine a tempi e costi, dall’altro, notevolmente compressa sotto gli accresciuti poteri di intervento e di direzione del giudice delegato. Ciò lascia presagire un atteggiamento maggiormente esecutivo dell’organo di gestione della procedura, di cui occorrerà valutare, in prospettiva, la compatibilità rispetto all’accentuazione dei profili manageriali della figura, parimenti perseguita dalla Riforma organica. Allargando l’orizzonte della lettura delle nuove norme poste dal Codice, sembra inoltre trovare considerazione, da parte del legislatore, un diverso ambito – sino ad ora trascurato ed in realtà nevralgico – dell’attività del curatore: la ricostruzione delle poste attive, momento propedeutico ed essenziale ai fini dell’efficienza ed efficacia dell’intera pianificazione liquidatoria. In tal senso rilevano, innanzitutto, gli obblighi di produzione documentale ulteriori, previsti dall’art. 39, 2° comma, CCII, in capo al debitore che chieda l’accesso a una delle procedure di regolazione della crisi o dell’insolvenza, che si aggiungono a quelli di produzione minima già vigenti in base all’attuale legge fallimentare e fedelmente replicati nel 1° comma del citato art. 39 CCII (scritture contabili obbligatorie, dichiarazioni reddituali ultimo triennio, bilanci ultimi tre esercizi). Detti obblighi ulteriori, comuni alla liquidazione giudiziale e alla procedura concordataria, si riferiscono al deposito, anche in formato digitale, di: una relazione sulla situazione economica-patrimoniale-finanziaria aggiornata, uno stato particolareggiato ed estimativo delle attività, l’elenco nominativo dei creditori, con l’indica­zione dei rispettivi crediti e delle cause di prelazione, l’elenco nominativo di coloro che vantano diritti reali o personali su cose in suo possesso e l’indicazione delle cose stesse e del titolo da cui sorge il diritto, un’idonea certificazione sui debiti fiscali, contributivi e per premi assicurativi da parte degli enti competenti, nonché una relazione riepilogativa degli [continua ..]


NOTE