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Il Diritto Fallimentare e delle Società CommercialiISSN 0391-5239 / EISSN 2704-8055
G. Giappichelli Editore

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Concordato preventivo 'meramente dilatorio' e nuovo 'Codice della crisi e dell'insolvenza' (di Renato Santagata. Professore ordinario di Diritto commerciale nell’Università di Napoli Parthenope)


Movendo da un’analitica disamina dei casi di concordato preventivo meramente dilatorio sanzionati dalla giurisprudenza di legittimità e di merito mediante il richiamo della clausola generale dell’abuso del diritto (o del processo), il lavoro intende anzitutto evidenziare i possibili pregiudizi alla certezza del diritto sottesi ad un diffuso utilizzo di questo rimedio, provvedendo poi a scrutinare le fattispecie in cui il ricorso ad esso si profila effettivamente irrinunciabile. Lo scritto passa quindi ad approfondire le tecniche di prevenzione dell’abuso del concordato preventivo adoperate sia nel­l’intervento correttivo del 2013, sia nella riforma della disciplina dell’istituto ad opera della legge delega n. 155/2017 e del "Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza" (D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14). Viene dunque esaminata l’incidenza delle scelte del novello legislatore sul problema dell’utilizzo opportunistico e dilatorio del concordato preventivo. Tale disamina conduce ad un giudizio articolato in ordine all’impatto delle novità sul problema indagato: se per un verso si apprezzano le principali misure di contrasto all’abuso della procedura congegnate dalla progettata riforma, per altro versante si evidenziano i rischi insiti in un indiscriminato controllo del tribunale sulla fattibilità economica del concordato, suscettibili di generare l’emersione di prassi eterogenee nei diversi tribunali con pericoli di incertezza del diritto forse più gravi di quelli conseguenti al diffuso richiamo giurisprudenziale della clausola generale dell’abuso del diritto (o del processo).

Moving from an analytical investigation of the cases of purely dilatory "Concordato preventivo" sanctioned by the Supreme Court through the remedy of the general clause of the abuse of the right (or of the trial), the work aims above all to highlight possible prejudices to legal certainty subtended to a widespread use of this remedy, then proceeding to scrutinize the cases in which the appeal to it is profiled effectively necessary. The paper then goes on to deepen the prevention techniques of the abuse of the "Concordato preventivo" used both in the corrective intervention of 2013, and in the reform of the law n. 155/2017 and the "Code of business crisis and insolvency" scheme. The impact of the new legislator’s choices on the problem of opportunistic and dilatory use of the "Concordato preventivo" is then investigated. This investigation leads to a detailed opinion on the impact of the novelties on the problem investigated: if on one side the main measures to combat the abuse of the procedure devised by the planned reform are appreciated, on the other hand the risks inherent in an indiscriminate court review on the economic feasibility of the arrangement, likely to generate the emergence of heterogeneous practices in the different courts with the dangers of legal uncertainty perhaps more serious than those resulting from the widespread jurisprudential recall of the general clause of the abuse of the right (or trial).

SOMMARIO:

1. Impostazione del problema - 2. Abuso del diritto (o del processo) e limiti del controllo di merito del tribunale nel concordato preventivo previsto dalla legge fallimentare - 3. L’abuso del concordato preventivo presentato in pendenza di istruttoria prefallimentare - 4. (Segue): i possibili effetti distorsivi di un concordato preventivo meramente dilatorio - 5. La prevenzione dell’abuso del concordato preventivo "meramente dilatorio" nel D.L. n. 69/2013 - 6. … e nel nuovo "Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza" - 7. Brevi spunti di riflessione - NOTE


1. Impostazione del problema

È noto che la riforma del diritto fallimentare degli anni 2005/2006, concepita in un contesto storico di crescita economica, è stata imperniata sulla "privatizzazione" della disciplina della composizione della crisi d’impresa: quel legislatore, suggestionato da esperienze d’oltreoceano, riponeva fiducia (che si sarebbe poi rivelata eccessiva) nel successo di scelte condivise tra debitore in crisi e suoi creditori e, in quest’ottica, accentuava significativamente l’autonomia concessa al debitore nel­l’accesso alla procedura di concordato e nella formulazione della proposta, così ridimensionando sia il ruolo dell’autorità giudiziaria, sia i presìdi di stampo pubblicistico che costellavano l’originaria disciplina dell’istituto del 1942, invece caratterizzata da notevole rigidità e da stringenti requisiti soggettivi di meritevolezza del debitore. Tale potenziamento del ruolo dell’autonomia privata ha dovuto, però, ben presto misurarsi con gli effetti della grave crisi economico-finanziaria internazionale, avvertiti sin dal 2008, che hanno in fatto impedito alle soluzioni negoziate della crisi d’im­presa di sortire gli esiti auspicati, finendo anzi col propiziarne l’uso distorto. Il che non desta affatto sorpresa, giacché determinanti al corretto e fisiologico funzionamento degli strumenti di composizione negoziale della crisi d’impresa sono la tempestività di percezione dei segnali di allarme dai suoi organi amministrativi e di controllo e la loro capacità di identificare ed attuare prontamente gli interventi più efficaci alla cura dello stato di crisi. Per converso, qualora il ricorso a tali procedure alternative al fallimento sia effettuato da imprenditori già decotti, è pressoché inevitabile che il loro utilizzo sia opportunistico [1]; ma soprattutto: se l’insolvenza è già conclamata, lo strumento di regolazione della stessa non potrà esser esclusivamente rimesso all’autono­mia privata, emergendo l’esigenza di salvaguardare interessi metaindividuali che, in quanto tali, abbisognano di adeguati controlli giudiziali [2]. Anche per queste ragioni la riforma del diritto fallimentare del 2005/2006 si è rivelata inadeguata a fronteggiare i disastrosi effetti della successiva crisi economico-finan­ziaria, rendendo [continua ..]


2. Abuso del diritto (o del processo) e limiti del controllo di merito del tribunale nel concordato preventivo previsto dalla legge fallimentare

La repressione dell’utilizzo meramente dilatorio del concordato preventivo mediante il ricorso all’abuso del diritto/processo ha posto una questione di "vertice" comune ad altri settori del diritto sostanziale e processuale: l’effettiva compatibilità delle condizioni di operatività di tale clausola generale con la disciplina positiva dell’istituto. In via di principio, l’applicazione di siffatto rimedio inevitabilmente implica – come la stessa giurisprudenza riconosce – l’esigenza di una valutazione degli interessi in gioco dalla quale possa evincersi che l’esercizio del diritto, con modalità censurabili, abbia determinato «una sproporzione ingiustificata tra il beneficio del titolare del diritto e il sacrificio ricadente su altri soggetti» [14]. Sennonché, tale necessario bilanciamento dei diversi interessi coinvolti ha comportato, in fatto, una surrettizia dilatazione dei poteri concessi dalla legge all’auto­rità giudiziaria, riportando in capo al tribunale un controllo di convenienza della proposta concordataria che il riformatore del 2005/2006 aveva invece inteso confinare alla sola fattispecie eccezionale prevista dall’art. 180, 4° comma, L. Fall. È infatti indiscutibile che la stessa identificazione degli estremi dell’abuso nell’esigenza di scongiurare che il decorso del tempo, reso necessario dalla tempistica della procedura di concordato, pregiudichi irreversibilmente una più proficua liquidazione fallimentare in danno della massa dei creditori, implica inevitabilmente una comparazione con l’alternativa fallimentare: confronto, questo, sinora consentito dalla legge al tribunale soltanto in ipotesi di contestazione della convenienza della proposta da parte di un creditore di una classe dissenziente o, in caso di mancata formazione delle classi, dai creditori dissenzienti che rappresentano almeno il venti per cento dei crediti ammessi al voto. Può allora comprendersi come il ricorso alla clausola generale dell’abuso del diritto o del processo, in tema di concordato preventivo come disciplinato dalla legge fallimentare, ha generato un corto circuito sistematico di ardua soluzione. Per un verso, proprio la "privatizzazione del concordato preventivo" affermata dalla riforma del 2005/2006 ha propiziato l’adozione, in questo contesto, di una tecnica di «governo [continua ..]


3. L’abuso del concordato preventivo presentato in pendenza di istruttoria prefallimentare

La più significativa fattispecie di uso abusivo del concordato preventivo con finalità dilatorie si è manifestata in pendenza di un’istanza di fallimento. Sono ben noti, d’altronde, i notevoli vantaggi della presentazione di una domanda di concordato nelle more dell’istruttoria prefallimentare, consistenti nella sospensione (e non già nel­l’estinzione) delle esecuzioni pendenti, nell’inammissibilità delle azioni cautelari, nella continuazione dell’esercizio dell’attività d’impresa, pur con la necessaria autorizzazione da parte del tribunale degli atti urgenti di straordinaria amministrazione, e nella conservazione della disponibilità e dell’amministrazione dei beni aziendali; né si trascuri la previsione dell’inefficacia delle ipoteche giudiziali trascritte nei novanta giorni anteriori alla data della pubblicazione del ricorso di concordato (o di pre-con­cordato) nel registro delle imprese rispetto ai creditori anteriori [19]. Non sarebbe però corretto reputare la presentazione di una domanda di pre-concordato dopo l’udienza prefallimentare di per sé abusiva [20]. Si pensi al caso di notifica dell’istanza di fallimento in pendenza di serie trattative tra debitore e creditori per addivenire ad una soluzione negoziata della crisi: eventualità che valeva a giustificare la concessione della facoltà di presentare una domanda di concordato prenotativo anche nel corso dell’istruttoria prefallimentare [21]. Né poteva escludersi il caso di una società con numero ristretto di soci che, pur avendo deliberato la presentazione della domanda, a causa di contrasti interni, fosse costretta a posticipare l’esecuzione della volontà sociale [22]. Posto allora che la presentazione della domanda concordataria (ancorché "con riserva") nella fase di istruttoria prefallimentare non sempre poteva reputarsi opportunistica, occorreva allora individuare i criteri per identificare e contrastare l’uso meramente dilatorio del concordato preventivo. Ad avviso della Suprema Corte [23], «la domanda di concordato preventivo, sia esso ordinario o con riserva, presentata dal debitore non per regolare la crisi dell’im­presa attraverso un accordo con i suoi creditori, ma con il palese scopo di differire la dichiarazione di fallimento, [continua ..]


4. (Segue): i possibili effetti distorsivi di un concordato preventivo meramente dilatorio

I prevedibili effetti negativi connessi al decorso del tempo conseguente alla domanda di concordato preventivo presentato in pendenza di istruttoria prefallimentare erano stati già ridotti dall’aggiunta del 2° comma dell’art. 69-bis L. Fall., dall’art. 33.1, lett. a-bis), D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito in L. 7 agosto 2012, n. 134. In particolare, nel caso di dichiarazione di fallimento posteriore all’apertura della procedura concordataria, la previsione del computo dei termini ai fini della decorrenza del periodo sospetto per l’esercizio dell’azione revocatoria fallimentare dalla data di pubblicazione della domanda di concordato nel registro delle imprese aveva consentito di scongiurare il pericolo che la dilatorietà della domanda di concordato preventivo precludesse l’inefficacia degli atti pregiudizievoli ai creditori posti in essere dal debitore in stato di insolvenza. Tuttavia, tale nuova previsione normativa non era idonea a prevenire gli effetti distorsivi di una domanda di concordato preventivo con riserva presentata da un imprenditore individuale o da una società di persone già raggiunti da un’istanza di fallimento nell’imminenza della scadenza del termine annuale, decorrente dalla cancellazione dal registro delle imprese, previsto dall’art. 10 L. Fall.: fattispecie che aveva indotto, non a caso, il Tribunale di Verona a rimettere alla Consulta la questione di legittimità costituzionale dell’art. 10 L. Fall., in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., nella parte in cui non consentiva «la dichiarazione di fallimento anche oltre il termine di un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese, qualora il rispetto di tale termine [fosse] impedito dalla proposizione della domanda di concordato preventivo ed il conseguente provvedimento si [fosse] concluso dopo la scadenza del termine annuale» [34]. Ma, a ben riflettere, pur essendo astrattamente possibile che la concessione del termine minimo di sessanta giorni, contemplato dall’art. 161, 10° comma, L. Fall. potesse determinare il superamento del termine annuale, con conseguente preclusione della dichiarazione di fallimento, il problema andava ugualmente sdrammatizzato. Ciò in quanto un imprenditore o una società cancellati dal registro delle imprese (e, quindi, estinti) non avrebbero potuto comunque adempiere ai requisiti richiesti per [continua ..]


5. La prevenzione dell’abuso del concordato preventivo "meramente dilatorio" nel D.L. n. 69/2013

Fuori dal caso testé prospettato, l’utilizzo abusivo del concordato con riserva avrebbe potuto essere evitato già con l’applicazione della sua articolata disciplina (art. 161, 6° e 8° comma, L. Fall.), come modificata dal D.L. 21 giugno 2013, n. 69 (conv. in L. 9 agosto 2013, n. 98), che consentiva al tribunale di esercitare il proprio ruolo di sorveglianza sia nell’accertamento dei requisiti formali della domanda di concordato, sia nella successiva fase di pendenza del termine, valutando le implicazioni della concessione di eventuali autorizzazioni al compimento di atti di straordinaria amministrazione da parte del debitore. In particolare, il D.L. n. 69/2013 aveva introdotto taluni importanti correttivi [44] volti a prevenire tanto l’uso distorto del concordato preventivo con riserva, quanto la presentazione di una seconda domanda di concordato meramente pretestuosa, in seguito al rigetto della prima [45]. Onde, i margini della giurisprudenza per il ricorso all’applicazione della clausola generale dell’abuso del diritto/processo, se non del tutto elisi, erano stati sicuramente circoscritti da questo intervento normativo. E si pensi alla facoltà del tribunale di nominare il commissario giudiziale già nel decreto con cui è fissato il termine per il deposito della proposta e del piano, che costituiva importante misura – specificamente prevista dall’art. 161, 6° comma, L. Fall. – per individuare tempestivamente il possibile compimento di atti in frode ai creditori (art. 173 L. Fall.) e sanzionare eventuali condotte opportunistiche del debitore [46], suscettibili di rendere improcedibili la domanda di concordato prenotativo e, in caso di stato d’insolvenza del debitore, dichiararne il fallimento. Del pari significativi paiono gli obblighi informativi periodici, anche relativi alla gestione finanziaria dell’impresa ed all’attività compiuta ai fini della predisposizione della proposta e del piano, che il debitore doveva assolvere, con periodicità almeno mensile e sotto la vigilanza del commissario giudiziale (se nominato), in pendenza di una domanda di concordato prenotativo (art. 161, 8° comma, L. Fall.). Ancor più rilevante è poi la facoltà del tribunale di sentire in ogni momento i creditori (art. 161, 8° comma, ult. pr., L. Fall.), in guisa da verificare in contraddittorio [continua ..]


6. … e nel nuovo "Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza"

L’utilizzo distorto ed opportunistico del concordato preventivo a fini meramente dilatori pare destinato ad essere, almeno sulla carta, più efficacemente prevenuto e contrastato con l’entrata in vigore di specifici presìdi normativi previsti dal nuovo "Codice della crisi e dell’insolvenza" (D.Lgs. n. 14/2019), emanato in attuazione della L. 19 ottobre 2017, n. 155, recante la «Delega al Governo per la riforma delle discipline della crisi d’impresa e dell’insolvenza».   A) I doveri di correttezza e buona fede di debitore e creditori. – L’accentuata sensibilità del novello legislatore a questo tema si evince, infatti, già dai princìpi generali volti a responsabilizzare esplicitamente il debitore (imprenditore individuale ed organo amministrativo delle imprese collettive) ad unatempestiva rilevazione della crisi e della perdita della continuità aziendale, nonché all’immediata assunzione delle iniziative necessarie a farvi fronte (art. 3, 1° comma, CCI), prevenendo l’aggravamento della crisi, correggendone gli effetti e, ove possibile, eliminandone le cause. A tal fine, gli imprenditori collettivi sono obbligati ad istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, che consenta il perseguimento di simili obiettivi (art. 2086 c.c., nel te­sto modificato dall’art. 375 CCI ed art. 3, 2° comma, CCI). Nelle società di capitali la mancata adozione di provvedimenti adeguati alla prevenzione, al trattamento ed alla risoluzione della crisi costituisce oggi grave irregolarità nella gestione ai sensi dell’art. 2409 c.c. Il riformatore non ha però previsto specifiche modalità d’azione dell’impren­ditore e, soprattutto, degli organi di amministrazione e controllo delle società di capitali, nella scelta degli strumenti apprestati dall’ordinamento per la soluzione della crisi. Ed è proprio su questo piano che vengono allora in considerazione – oggi come ieri – le clausole generali, sovente invocate per sindacare la legittimità della scelta d’impresa effettuata dal debitore (e, più frequentemente, dagli organi di amministrazione delle società debitrici), quale è, nel caso in esame, il ricorso ad un concordato meramente dilatorio al fine di [continua ..]


7. Brevi spunti di riflessione

È certo innegabile che un attendibile raffronto tra il sistema delineato dalla legge fallimentare e quello risultante dal nuovo codice della crisi e dell’insolvenza sul tema dell’abuso del concordato preventivo non possa prescindere da una compiuta verifica degli esiti applicativi della nuova disciplina. Nondimeno, la prima lettura delle nuove norme introdotte dal D.Lgs. n. 14/2019 interferenti sull’oggetto della presente indagine stimola talune sintetiche impressioni. Reputo quindi senz’altro apprezzabile il tentativo del riformatore di elidere ogni spazio per il ricorso della giurisprudenza alla clausola dell’abuso del diritto/pro­cesso in tema di concordato preventivo. Resta però il dubbio che il sotteso obiettivo di incrementare il tasso di prevedibilità delle decisioni giudiziali, restituendo in tal guisa certezza al diritto vivente, non sia stato per altro verso compromesso e disatteso dall’estensione del controllo del tribunale alla fattibilità economica del piano concordatario. Ritengo parimenti condivisibile l’intento del riformatore di precludere a monte l’uso dilatorio ed opportunistico del concordato preventivo. Permane tuttavia la sensazione che l’insieme di stringenti misure a tal fine predisposte finisca per rendere troppo difficoltoso, se non impossibile, l’accesso a questa procedura anche là dove essa, se correttamente ed efficacemente gestita, avrebbe potuto invece assicurare ai creditori un più celere soddisfacimento rispetto alla liquidazione giudiziale, la cui generalizzata accelerazione richiederebbe ben più radicali riforme della giustizia del nostro Paese. Infine, non è da escludere che il rischio di usi opportunistici investa, nel prossimo futuro, anche le nuove procedure di allerta e di composizione assistita della crisi [65], onde ottenere, ad esempio, l’esenzione dalla responsabilità solidale degli organi di controllo delle società di capitali per le conseguenze pregiudizievoli delle o­missioni e delle azioni successivamente poste in essere dall’organo amministrativo in difformità delle prescrizioni ricevute (cfr. art. 14, 3° comma, CCI) da organismi di composizione in ipotesi composti da soggetti privi di autorevolezza e di adeguate professionalità. Rischi questi che potrebbero allora rendere i rimedi scelti dal novello legislatore finanche peggiori dei [continua ..]


NOTE