L’articolo esamina la disciplina della procedura di “liquidazione giudiziale” prevista dal DLD elaborato dalla Commissione Rordorf, con particolare riguardo alla direttiva data al legislatore delegato di eliminare, dal nostro ordinamento, le forme di esecuzione speciale e di privilegio processuale.
L’autrice, dopo aver analizzato il significato e l’interpretazione delle espressioni “forme di esecuzione speciale” e “privilegio processuale”, declinandole nel sistema vigente, approfondisce, in particolare, le fattispecie del credito fondiario di cui agli artt. 38 ss. D.Lgs. 1° settembre 1993, n. 385 e delle garanzie finanziarie, di cui al D.Lgs. n. 170/2004, evidenziando i profili di “specialità” di queste nell’ambito dell’esecuzione individuale e, soprattutto, del fallimento.
Il passaggio successivo consiste nel prendere in considerazione le conseguenze che l’auspicata eliminazione delle forme di esecuzione speciale e di privilegio processuale richiesta dal DLD Rordorf potrebbe avere sulle suddette fattispecie. In particolare, l’analisi viene focalizzata sulla legislazione delegata e, nello specifico, sull’art. 160 della bozza di decreto delegato, che ha condizionato la compensabilità dei reciproci rapporti di debito-credito in sede fallimentare alla circostanza che il credito verso il fallito sia stato previamente ammesso al passivo; introducendo, di fatto, una modalità “indiretta” di eliminazione dell’esecuzione speciale, posto che, come noto, la compensazione è una delle modalità con cui il creditore può escutere la garanzia in deroga al disposto dell’art. 53 L. Fall. (senza cioè la previa insinuazione al passivo).
Alla luce del quadro così descritto, vengono messi in luce i rischi che l’abolizione delle esecuzioni speciali e dei privilegi processuali ad esse connessi – tra cui, in particolare, della possibilità di compensazione senza necessità di previa insinuazione al passivo – potrebbe avere sul sistema finanziario e sull’operatività, anche quotidiana, della banche e degli intermediari finanziari che si avvalgono, nella propria contrattualistica con la clientela, di un sistema di clausole finalizzate alla c.d. attenuazione del rischio di credito. Tra queste, vi sono, per l’appunto, quelle clausole che pattuiscono il diritto del creditore di appropriarsi e vendere il bene oggetto di garanzia anche in costanza di fallimento (i.e. i patti di compensazione; le clausole di close out netting). Si evidenzia, inoltre, come l’assetto risultante dal DLD Rordorf e dalla bozza di decreto delegato collocherebbe il nostro paese in una posizione “distonica” rispetto al contesto europeo di riferimento, che negli ultimi anni, si è mosso nella direzione di una sempre maggiore de-formalizzazione ed accelerazione del sistema di tutela del credito.
The study focuses on the new provisions on “liquidazione giudiziale” introduced by Delegated Decree prepared by Commissione Rordorf on the reform of Italian Bankruptcy Law, with particular reference to the annulment of special forms of attachments in effect on today.
The author, after analyzing the meaning and construction of “esecuzione speciale” and “privilegio processuale” under Italian law, focuses on the particular case of “credito fondiario” under artt. 38 ss. Legislative Decree 1° September 1993, n. 385 and of “garanzie finanziarie” under Legislative Decree n. 170/2004, pointing out the “specialities” of them within the general context of individual attachment and bankruptcy procedure.
Subsequently the author considers the potential consequences of the abolition of “esecuzione speciale” and “privilegio processuale” on the Italian Bankruptcy law system, with particular reference to the provision of art. 160 of the draft of the delegated decree upon which the admissibility of set-off within bankruptcy is subject to the previous admission of the claim to the state of liability. This provision clearly abolishes “indirectly” those forms of “esecuzione speciale” based on set-off clauses and close out netting clauses. These last clauses are normally applied by banks and financial intermediaries in order to mitigate the s.c. credit risk.
The conclusions of the study are that the abolition of “esecuzione speciale” and “privilegio processuale” could imply relevant risks for the stability of our financial system. Also it would place Italy completely out of European context.
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L’art. 2, lett. a) del DLD elaborato dalla Commissione Rordorf propone la sostituzione lessicale dell’espressione “fallimento” con quella di “liquidazione giudiziale”. La variazione terminologica è stata adottata per adeguare l’ordinamento italiano ad altre legislazioni europee e per segnare una discontinuità rispetto alla concezione afflittiva del fallimento. Al netto di tale sostituzione terminologica, la disciplina della liquidazione giudiziale, contenuta nell’art. 7 del DLD, non contiene novità “strutturali” rispetto all’attuale procedura di fallimento. Al riguardo, nella Relazione accompagnatoria al DLD si dà atto che «i molteplici principi di delega enunciati nell’art. 7 della proposta» non richiedono particolare illustrazione e sono accumunati «dall’intento di rendere la procedura più rapida e snella, pur senza stravolgerne gli attuali caratteri fondamentali» (sottolineato ed enfasi aggiunti). Al fine di rendere più efficiente l’attuale fallimento, il DLD propone, tra l’altro, il potenziamento del ruolo del curatore, assicurandone una maggiore professionalità, ma sancendone l’incompatibilità con eventuali incarichi già ricoperti in fasi procedurali precedenti relative alla stessa impresa; lo snellimento delle modalità di apprensione dell’attivo; l’eliminazione di forme di esecuzione speciale e di privilegio processuale che, secondo la Commissione, hanno ormai perso la loro ragione di esistere; la riorganizzazione della disciplina della liquidazione dell’attivo, mediante l’adozione di un sistema di vendita dei beni che è frutto di una rivisitazione complessiva della relazione oggi esistente tra le procedure fallimentari ed il mercato, tale da consentire, anche tramite l’adozione di moderne tecnologie telematiche, migliori prospettive di soddisfazione delle ragioni dei creditori (cfr. Relazione di accompagnamento al DLD, pp. 21 e 23). A ben vedere, il fatto che non venga “stravolto” il carattere/la struttura fondamentale dell’attuale procedura fallimentare non implica che le proposte di disciplina in materia di liquidazione giudiziale introducano novità di poco conto. In particolare, tra le proposte di riforma che potrebbero avere un [continua ..]
Prima di entrare nel dettaglio di questa proposta di riforma e di svolgere alcune considerazioni sui possibili impatti rispetto all’attuale assetto normativo, vale forse la pena fare una riflessione sul significato delle espressioni “forme di esecuzione speciale” e “privilegio processuale” contenute nella disposizione in commento e provare a declinarle nell’attuale sistema. Le “esecuzioni speciali” si riferiscono ragionevolmente a quelle esecuzioni consentite dal nostro ordinamento anche in pendenza di fallimento e che, come tali, costituiscono un’eccezione al divieto di azioni esecutive e cautelari individuali previsto nel vigente art. 51 L. Fall.; norma quest’ultima che per l’appunto, fa salve “diverse disposizioni della legge”. Tra gli esempi di esecuzione speciale menzionati più di frequente si annoverano: a) l’esecuzione del credito fondiario (a cui fa, peraltro, espresso riferimento l’art. 7, par. 4, lett. a), DLD); b) la confisca del veicolo sorpreso a circolare senza la prescritta copertura assicurativa ex art. 21, L. 24 novembre 1981, n. 689 [1]. Il concetto di “esecuzione speciale” nel fallimento richiama un’ipotesi di deroga alla regola del concorso “sostanziale” dei creditori del fallito; regola espressa dall’art. 2741 c.c. che implica che i creditori concorrono alla ripartizione dell’attivo in maniera proporzionale ai rispettivi crediti, rispettate le cause di prelazione da cui i crediti stessi sono assistiti. In base a tale principio, i crediti muniti di prelazione, e cioè assistiti da ipoteca, pegno o privilegio, hanno diritto ad essere soddisfatti con precedenza rispetto agli altri sprovvisti di prelazione e, quindi, chirografari. Inoltre, tale regola prevede che i creditori del fallito vengano soddisfatti nell’ambito della procedura di fallimento e, quindi, del riparto effettuato all’esito del compimento dell’attività di liquidazione degli attivi da parte del curatore. Al contrario, i crediti soggetti ad “esecuzione speciale” – che si sottraggono alla regola del “concorso sostanziale” – possono essere soddisfatti “al di fuori” di queste modalità. Il concetto di “privilegio processuale” nel fallimento richiama, invece, [continua ..]
D’altra parte, però, il nostro ordinamento conosce fattispecie di deroga al concorso “sostanziale” che si sottraggono anche al concorso “formale” (i.e. l’obbligatorietà dell’insinuazione al passivo). Il caso più “eclatante” è senz’altro dell’istituto del pegno irregolare – che si configura ai sensi dell’art. 1851 c.c. quando «a garanzia di uno o più crediti sono vincolati depositi di denaro, merci o titoli che non siano stati individuati o per i quali sia stata conferita ad una banca la facoltà di disporne», ciò perché, in tale ipotesi, i beni diventano di proprietà del creditore, onde questi può direttamente soddisfarsi sugli stessi, al di fuori del concorso con gli alti creditori, restituendo solo l’eventuale eccedenza ottenuta. Per esso, la possibilità di escussione al di fuori del concorso e senza previa insinuazione al passivo è stata espressamente riconosciuta dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, che pronunciandosi sul contrasto delineatosi tra due decisioni della I Sezione (Cass. 24 gennaio 1997, n. 745 e Cass. 28 agosto 1997, n. 8164), hanno statuito che, nell’ambito del fallimento, il creditore pignoratizio, il cui credito sia garantito da una somma di denaro – c.d. pegno irregolare – non necessita della previa ammissione al passivo per realizzare il proprio diritto di prelazione, avendo egli acquistato la proprietà della somma nel momento stesso in cui sia entrata a far parte del suo patrimonio (Cass., Sez. Un., 14 maggio 2001, n. 202; nello stesso senso, la giurisprudenza successiva, Cass., Sez. I, 17 settembre 2014, n. 24865 (dep. 21 novembre 2014). Presidente: Rordorf; Relatore: Di Virgilio). In particolare l’“esenzione” del credito assistito da pegno irregolare rispetto al concorso “formale” e al concorso “sostanziale” si articola su un duplice livello: (i) il creditore garantito da pegno irregolare (ex art. 1851 c.c.), a differenza di quello assistito da pegno regolare, «non è tenuto ad insinuarsi al passivo fallimentare ai sensi dell’art. 53 L.F. per il soddisfacimento del proprio credito» e (ii) l’incameramento in via definitiva del denaro e delle altre cose fungibili ricevute in garanzia avviene mediante [continua ..]
Un’ulteriore ipotesi di “esenzione” dal concorso “sostanziale” e (ragionevolmente) anche dal concorso “formale” (sebbene quest’ultimo profilo non sia espressamente “normato”) si rinviene nel D.Lgs. n. 170/2004, che ha dato attuazione nel nostro Paese alla Direttiva 2002/47/CE in materia di contratti di garanzia finanziaria [5]. Il decreto in questione definisce “contratto di garanzia finanziaria” «il contratto di pegno o il contratto di cessione del credito o di trasferimento della proprietà di attività finanziarie con funzione di garanzia, ivi compreso il contratto di pronti contro termine, e qualsiasi altro contratto di garanzia reale avente ad oggetto attività finanziarie e volto a garantire l’adempimento di obbligazioni finanziarie, allorché le parti contraenti rientrino in una delle seguenti categorie […]». Il decreto è quindi intervenuto sulla disciplina di talune figure contrattuali tipiche (il pegno e la cessione di credito, principalmente) e atipiche (contratti di «trasferimento della proprietà di attività finanziarie con funzione di garanzia»; «qualsiasi altro contratto di garanzia reale avente ad oggetto attività finanziarie e volte a garantire l’adempimento di obbligazioni finanziarie»; ed inoltre «il contratto di pronti contro termine»), modificandone la disciplina sotto numerosi profili. La disciplina speciale trova applicazione (solo) nelle ipotesi nelle quali le figure contrattuali prese in considerazione siano rivolte a garantire l’adempimento di “obbligazioni finanziarie”– ma la categoria è molto vasta essendo costituita da tutte «le obbligazioni, anche condizionali ovvero future, al pagamento di una somma di denaro ovvero alla consegna di strumenti finanziari, anche qualora il debitore sia persona diversa dal datore della garanzia» – e solo se le parti contraenti rientrino nelle categorie definite – peraltro comprensive, da una parte di tutti gli enti creditizi e finanziari e dall’altra di tutte le «persone diverse da persone fisiche». Ciò detto, tra le garanzie finanziarie più ricorrenti nella prassi vanno annoverati (i) il pegno ex art. 4, D.Lgs. n. 170/2004, e (ii) le c.d. clausole di close out [continua ..]
Fatta questa lunga premessa, ritorniamo alle modifiche alla legge fallimentare introdotte del DLD, sotto il profilo dell’abolizione delle esecuzioni speciali e dei privilegi processuali e svolgiamo, qui di seguito, alcune considerazioni sul potenziale impatto di questa abolizione rispetto al sistema attuale descritto nei paragrafi che precedono. Articolo 160 Compensazione 1. I creditori possono opporre in compensazione dei loro debiti verso il debitore il cui patrimonio è sottoposto alla liquidazione giudiziale, i propri creditiverso quest’ultimo, ancorché non scaduti prima dell’apertura della procedura concorsuale, soltanto dopo che sono stati ammessi al passivo. 2. La compensazione non ha luogo se il creditore ha acquistato il credito per atto tra vivi dopo il deposito della domanda cui è seguita l’apertura della liquidazione giudiziale. Art. 56 Compensazione in sededi fallimento 1. I creditori hanno diritto di compensazione coi loro debiti verso il fallito i crediti che essi vantano verso lo stesso, ancorché non scaduti prima della dichiarazione di fallimento. 2. Per i crediti non scaduti, la compensazione tuttavia non ha luogo se il creditore ha acquistato il credito per atto tra vivi dopo la dichiarazione di fallimento o nell’anno anteriore. Uno dei “precipitati”, a livello di decreti delegati, dell’intento del legislatore di abolire questa tipologia di esecuzione, si riscontra nell’art. 160 in materia di Compensazione nella liquidazione giudiziale; norma quest’ultima che dovrebbe sostituire l’art. 56 L. Fall. attualmente vigente. In particolare, il 1° comma dell’art. 160 consente ai creditori di opporre in compensazione dei loro debiti verso il debitore, il cui patrimonio è sottoposto alla liquidazione giudiziale, i propri crediti verso quest’ultimo (ancorché non scaduti prima dell’apertura della procedura concorsuale), soltanto dopo che sono stati ammessi al passivo. Preliminarmente, vale la pena di ricordare che, nell’ambito della normativa vigente, una parte minoritaria della giurisprudenza aveva sostenuto la necessità di previa insinuazione al passivo del creditore che voglia opporre la compensazione al fallito ai sensi dell’art. 56 L. [continua ..]