Prendendo spunto dalla recente pronuncia della Corte di Cassazione, che declina i nuovi requisiti delle “procedure concorsuali”, l’A. ripercorre l’ampio dibattitto sulla natura giuridica degli Accordi di ristrutturazione dei debiti ex art. 182-bis L. Fall. e offre nuovi spunti di riflessione anche alla luce del neo approvato Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza.
Moving from the recent deliberation of the Supreme Court, which deals with the new requirements of “collective insolvency proceedings”, the A. retraces the wide debate arised in literature and jurisprudence about the legal nature of debt restructuring agreements ex art. 182-bis of Italian Bankruptcy Law and offers new perspectives in the light of the newly approved Code of the enterprises crisis and insolvency.
1. La vicenda esaminata dalla Corte di Cassazione - 2. L’importanza del dibattito sull’inquadramento degli Accordi di ristrutturazione dei debiti - 3. La tesi che qualifica gli Accordi di ristrutturazione come “istituto di natura privatistica” - 4. L’affermazione dell’opposto orientamento che attribuisce agli Accordi di ristrutturazione dei debiti natura concorsuale - 5. Aderenza ai principi enunciati nella normativa europea - 6. Considerazioni conclusive - NOTE
La vicenda che ha condotto all’adozione del provvedimento in commento scaturisce dalla scelta da parte di una società, che aveva presentato una domanda di concordato preventivo c.d. “con riserva” o “in bianco”, ex art. 161, 6° comma, L. Fall., di sciogliere la propria riserva, alla scadenza del termine concesso dal Tribunale di Udine, optando per la richiesta di omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti, ex art. 182-bis, 1° comma, L. Fall., debitamente pubblicato nel Registro delle Imprese. In particolare, l’intera questione concerne la circostanza che, nonostante la società ricorrente avesse chiesto nel corso dell’udienza in camera di consiglio la fissazione di una nuova udienza per l’omologazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti o, in subordine, la concessione di un termine per raccogliere la già promessa adesione di un Istituto di credito, a cui era stata condizionata l’adesione dei creditori rappresentanti l’83,91% dei crediti, il Tribunale di Udine rigettava tale richiesta, dichiarando conseguentemente inammissibile sia la domanda ex art. 161, 6° comma, L. Fall., sia quella di omologazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti – stante l’inefficacia e invalidità dell’accordo – e, in ragione dello stato di insolvenza, il fallimento della società. Nei confronti di tali provvedimenti venivano proposti due distinti reclami alla Corte d’Appello di Trieste, contestando rispettivamente, ai sensi degli artt. 18 e 162 L. Fall. la sentenza di fallimento e il decreto d’inammissibilità della domanda di concordato preventivo c.d. “con riserva”, e, ai sensi dell’art. 183 L. Fall. il decreto d’inammissibilità della domanda di omologazione dell’accordo di ristrutturazione ex art. 182-bis, 1° comma, L. Fall. La Corte d’Appello di Trieste, tuttavia, rigettava entrambi i reclami proposti dalla società: il primo con sentenza – che è stata poi oggetto di ricorso dinanzi al Supremo Collegio – la quale ha dichiarato peraltro “superfluo” il decreto di “rigetto della domanda ex art. 161, comma 6 L. Fall.”, poiché la riserva formulata nella domanda prenotativa era già stata sciolta con il deposito della domanda di [continua ..]
L’inquadramento della natura giuridica dell’istituto degli accordi di ristrutturazione dei debiti ha suscitato sin dalla sua introduzione ad opera del D.L. 14 marzo 2005, n. 35, convertito in L. 14 maggio 2005, n. 80 – avvenuta su sollecitazione delle associazioni maggiormente rappresentative del ceto bancario ed imprenditoriale [4] – un ampio dibattito in dottrina e in giurisprudenza [5]. Al riguardo, infatti, la scarna e generica disciplina prevista dall’art. 182-bis L. Fall., da un lato, e la Relazione illustrativa della L. 14 maggio 2005, n. 80, di conversione del D.L. 14 marzo 2005, n. 35, che si limitava ad affermare che “il concordato diviene lo strumento attraverso il quale la crisi d’impresa può essere risolta anche attraverso gli accordi stragiudiziali che abbiano ad oggetto la ristrutturazione dell’impresa”, dall’altro lato, hanno creato una profonda incertezza interpretativa sulla natura dell’istituto [6]. Tale divergenza interpretativa, nonostante il consolidamento nel tempo della tesi negazionista della natura concorsuale degli Accordi, non si era mai completamente sopita e si è riproposta con vigore dopo la novella del 2012 [7], assumendo poi progressivamente maggior intensità alla luce degli incessanti interventi legislativi realizzati sia a livello nazionale [8] – peraltro non ancora terminati [9] – sia a livello di Unione Europea [10]. Interventi che, come ben evidenzia la decisione in commento, hanno sempre più intrecciato l’istituto in parola con quello del concordato preventivo “grazie ad una lunga serie di rinvii normativi che hanno finito per delinearli come strumenti di [regolazione] della crisi di impresa non solo alternativi ma anche (specie dal 2012) biunivocamente intercambiabili in itinere (cfr. art. 161 6° comma ed art. 182-bis, co. 8, L. Fall.) tanto da suggerire in dottrina l’icastica descrizione del fenomeno in termini di passerella”. In questo quadro di rinnovato dibattito è infine intervenuta la Cassazione, con ben cinque provvedimenti in soli sei mesi [11], che hanno consolidato un orientamento già espresso isolatamente in precedenza [12]. Con la decisione in commento, che appare la più significativa per esemplare chiarezza e completezza di argomentazioni, si riafferma dunque, in modo [continua ..]
Come anticipato in premessa, la tesi che sostiene la natura privatistica degli accordi di ristrutturazione – nonostante il revirement di alcuni autori, alla luce delle riforme intervenute dal 2012 [17] – ha prevalso nettamente fino ad oggi in dottrina e in giurisprudenza [18], almeno prima dell’intervento delle citate pronunce della Cassazione [19]. A sostegno di tale orientamento, che è arrivato persino a definire gli accordi di ristrutturazione un «normale contratto di diritto privato», sono state da sempre invocate, con enunciati generici – che stanno a dimostrare la piena autonomia di tale istituto dal concordato preventivo, piuttosto che la sua natura privatistica [20]– una serie di regole e caratteristiche degli accordi di ristrutturazione dei debiti, ex art. 182-bis L. Fall., ritenute ostative alla loro classificazione come una procedura concorsuale. Al riguardo, in particolare, sono state evidenziate le seguenti caratteristiche: (i) la mancanza di un provvedimento giudiziale di apertura della procedura [21]; (ii) l’assenza di organi deputati alla gestione del procedimento [22]; (iii) la carenza del carattere di universalità della procedura, non essendo coinvolti nella regolazione del dissesto tutti i creditori e non trovando applicazione nei confronti di quelli estranei all’accordo il c.d. cram down; (iv) la struttura prettamente individuale dell’istituto, che si basa essenzialmente su accordi individuali con i creditori [23], e la conseguente denegazione del principio di parità di trattamento dei creditori [24]; (v) l’assenza ai fini del voto di un’organizzazione del ceto creditorio come collettività, per il raggiungimento della maggioranza qualificata [25]; (vi) la mancanza di uno spossessamento (anche solo attenuato) del debitore dai beni dell’impresa [26]; (vii) l’inottemperanza al principio della par condicio creditorum [27]; (viii) l’assenza di un regime speciale per i pagamenti in corso di procedura; (ix) l’efficacia degli atti costitutivi di diritti di prelazione posti in essere dai creditori in pendenza della procedura, eccetto quelli compiuti nell’eventuale fase anticipatoria ex art. 182-bis, 7° comma, L. Fall.; (x) l’astratta idoneità dell’accordo di ristrutturazione dei [continua ..]
Secondo i sostenitori della tesi fino ad oggi minoritaria [32], l’istituto degli accordi di ristrutturazione dei debiti andrebbe qualificato come procedura concorsuale, poiché, pur basandosi su un accordo privatistico, prevede successivamente che il medesimo accordo confluisca in un procedimento che presenta gli elementi caratterizzanti il concorso [33], i quali non devono necessariamente manifestarsi tutti contemporaneamente e con la stessa intensità nei singoli procedimenti [34]. In particolare, negli accordi di ristrutturazione si riscontra: (i) il carattere di “giurisdizionalità”, che si manifesta nel controllo giudiziale sulla correttezza del procedimento da parte del Tribunale fallimentare, al quale dev’essere presentato il ricorso per l’omologazione dell’accordo secondo le medesime modalità previste per la domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo ex art. 161 L. Fall. [35]; (ii) il “concorso dei creditori” che, seppur regolato in modo difforme dal concordato preventivo, si configura secondo il classico insegnamento della dottrina tradizionale [36], e, cioè, attraverso, il carattere di “esclusività” della procedura, che consiste nell’inammissibilità dell’instaurazione di altri procedimenti cautelari o esecutivi individuali e concorsuali da parte dei creditori anteriori in pendenza di un accordo di ristrutturazione. Infatti, ai sensi dell’art. 182-bis, 3° comma, L. Fall., dalla data della pubblicazione dell’accordo nel registro delle imprese e per sessanta giorni i creditori per titolo e causa anteriori non possono iniziare o proseguire azioni cautelari o esecutive sul patrimonio dell’imprenditore, né acquistare titolo di prelazione non concordati [37]. Divieto che peraltro, ai sensi del 6° comma della medesimo articolo, può essere esteso anche alla fase delle trattative e prima della formazione dell’accordo, mediante richiesta espressa da parte del debitore al Tribunale. Inoltre, il “concorso dei creditori” si manifesta, da un lato, con la possibilità data a tutti i creditori, attraverso un adeguato sistema di “pubblicità” dell’accordo di ristrutturazione, che dev’essere pubblicato nel registro delle imprese, di aderire od opporsi allo stesso, e, dall’altro [continua ..]
L’orientamento di legittimità, ormai consolidato, che qualifica gli Accordi di ristrutturazione come una procedura concorsuale, assume, poi una rilevanza del tutto peculiare se lo si considera nella prospettiva delle tendenze evolutive del diritto dell’Unione Europea. Difatti, la conclusione a cui perviene il Supremo Collegio, come si legge nella decisione in commento “è confortata dal diritto unionale, se si considera che l’art. 1, lett. c) del Regolamento (UE) 2015/848 definisce procedure concorsuali pubbliche anche quelle in cui semplicemente una sospensione temporanea delle azioni esecutive individuali è concessa da un giudice o per legge al fine di consentire le trattative tra il debitore e i suoi creditori, purché le procedure per le quali è concessa la sospensione prevedano misure idonee a tutelare le masse dei creditori […]”. Definizione che, peraltro, prescinde anche dal carattere di universalità della procedura, poiché l’art. 2, 1° comma, del medesimo Regolamento non richiede il coinvolgimento di tutti i creditori del debitore, bensì solo una parte significativa di essi, a condizione che i non interessati dalla procedura non siano pregiudichi. Altra conferma dell’esattezza della conclusione raggiunta della Cassazione è poi rinvenibile nei “Quadri di ristrutturazione preventive contemplati dalla Raccomandazione n. 2014/135/UE e dalla Proposta di Direttiva COM/2016/723 final”, del 22 novembre 2016, “nei quali tra l’altro – e significativamente – [si precisa che] la partecipazione dell’autorità giudiziaria o amministrativa va limitata ai casi in cui è necessaria e proporzionata alla salvaguardia dei diritti delle parti interessate (art. 4, Prop. Dir; cfr. art. 7 Racc.), il debitore deve mantenere il controllo totale o almeno parziale dei suoi attivi e della gestione corrente dell’impresa (art. 5, par. 1, Prop. Dir.; cfr. art. 6 lett b., Racc.) e la nomina da parte dell’autorità giudiziaria o amministrativa di un professionista nel campo della ristrutturazione non è sempre obbligatoria (art. 5, par. 2, Prop. Dir.; cfr. art. 9, Racc.)”.
In conclusione, a chi scrive, pare che la definizione di “moderna concorsualità”, fornita dal Supremo Collegio nel provvedimento in commento non sia molto, per non dire affatto, differente dalla vecchio definizione di “concorsualità” su cui la più attenta dottrina ha da sempre fondato la propria analisi ai fini della qualificare come procedura concorsuale degli accordi di ristrutturazione dei debiti ex art. 182-bis L. Fall. Il provvedimento della Corte di Cassazione, tuttavia, appare particolarmente utile perché, attraverso una meticolosa analisi dell’evoluzione normativa della disciplina, con considerazioni anche in chiave unionale [45], fa emergere chiaramente quella che è stata definita in dottrina come “la spinta degli accordi di ristrutturazione verso la concorsualità” [46]. Una spinta che, alla luce dello schema di decreto legislativo recante il “Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza in attuazione” in attuazione della legge delega 19 ottobre 2017, n. 155, approvato dal Consiglio dei Ministri in data 10 gennaio 2019, pare essere oggi giunta al termine con una definitiva consacrazione dell’istituto tra le procedure concorsuali, indipendentemente dalla sua peculiare struttura, che ne rappresenta anche il punto di forza rispetto alle altre procedure [47]. Al riguardo, infatti, si osserva che la neo-approvata disciplina, pur non definendo espressamente all’art. 2 la nozione di “procedura concorsuale”, attraverso l’introduzione nel nostro ordinamento di un procedimento unitario per l’ingresso ai vari istituti di regolazione della crisi o dell’insolvenza, sembra aver di fatto riconosciuto agli accordi di ristrutturazione dei debiti la natura di procedura concorsuale. D’altro canto, in futuro, è previsto che per tutte le procedure disciplinate nel Codice non opereranno automaticamente le misure protettive, ma solo su richiesta di parte, anche se dovranno essere comunque concesse dal giudice, ex art. 54, 1° comma, e potrà essere nominato anche per gli accordi di ristrutturazione dei debiti un commissario giudiziale, in presenza di un’istanza per l’apertura della procedura di liquidazione giudiziale, ex art. 44, 4° comma. Inoltre, si prevede la possibilità di estendere l’efficacia [continua ..]