Il Diritto Fallimentare e delle Società CommercialiISSN 0391-5239 / EISSN 2704-8055
G. Giappichelli Editore

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La qualifica di start-up innovativa quale fatto impeditivo del fallimento: l´individuazione della parte su cui grava l´onere probatorio (di Giuseppe Percoco, Docente a contratto di Diritto commerciale presso il Dipartimento di Scienze Aziendali e Giuridiche nell’Università della Calabria)


Il saggio, dopo aver rilevato l’importanza nell’ordinamento giuridico di una previsione che consenta il fresh start alle imprese operanti nei settori innovativi – pone in luce i problemi derivanti dalla sottoposizione alle sole cc.dd. procedure da sovraindebitamento – e conseguente esenzione dal fallimento – per le start-up innovative di cui all’art. 25 del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179.

Individua, in particolare, specifiche problematicità inerenti al procedimento di attribuzione della qualifica de qua soffermandosi sul fenomeno della c.d. start-up apparente, per poi giungere alla determinazione dei rimedi in capo ai creditori onde chiedere una valutazione circa l’effettiva sussistenza dei requisiti legali per escludere la società dal fallimento.

The qualification of innovative start-up as an impediment to bankruptcy: the identification of the party on which the burden of proof lies

The essay highlights, after considering the importance of a provision in the body of law which allows for a “fresh start” for companies in innovative sectors, the problems created by art. 25 D.L. n. 179 October 18th 2012 which subjects the innovative start-up only to the over-indebtedness procedures – which, consequently, exempts them from bankruptcy.

It Identifies, in particular, specific problems inherent to the procedure of attribution of the qualification de qua, lingering on the phenomenon of the apparent start-up. The essay, subsequently, determines the solutions provided to the creditors to ask an evaluation of the effective existence of the legal requisites to impede the bankruptcy of the company.

Keywords: innovative start-up, apparent start-up, fresh start, over-indebtedness procedures, burden of proof.

SOMMARIO:

1. Il ruolo del fresh start per le imprese operanti nei settori innovativi - 2. L’applicazione delle sole procedure da sovraindebitamento per le start-up innovative - 3. L’esenzione dal fallimento: un’eccezione temporalmente limitata - 4. I presupposti per l’applicazione delle deroghe - 5. La start-up innovativa apparente - 5.1. La legittimazione dei creditori a chiedere il fallimento - 6. Riflessioni conclusive - NOTE


1. Il ruolo del fresh start per le imprese operanti nei settori innovativi

A seguito della riforma degli anni 2017-2019 in tema di procedure concorsuali, è immanente nel sistema una cultura dell’insolvenza, considerata quale evenienza fisiologica nel ciclo vitale di un’impresa, da prevenire ed eventualmente regolare [1]. Un primo ambito in cui questo bisogno ha trovato accoglimento nell’ordinamen­to italiano è quello che attiene alle imprese attive nel campo dell’innovazione: con il D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, il legislatore ha inteso concedere l’opportunità del fresh start alle start-up innovative (d’ora in poi anche start-up) [2]. In particolare, si è ritenuto che il riconoscimento della possibilità per l’imprendi­tore operante in un settore innovativo di liberarsi dei debiti insoddisfatti – peraltro ben più diffusa in altri ordinamenti [3] – tendesse a “incoraggiare” molti potenziali nuovi imprenditori ad avviare una start-up innovativa, così come a cambiare la cultura prevalente che vede ancora nel mancato successo di un’idea di business soltanto la dimensione del fallimento e non anche quello di un accumulo di esperienza» [4]. Alla base di tale scelta legislativa vi è la considerazione che in fase di avvio le imprese sono più fragili [5], inoltre, l’operare in settori innovativi fa aumentare significativamente il rischio di insuccesso: il risultato dell’investimento in R&S [6] – ad esempio quello molto oneroso per la sperimentazione e prototipazione di prodotti o gli oneri per la registrazione e protezione di proprietà intellettuale, termini e licenze d’uso – potrebbe non arrivare mai o anche solo giungere troppo tardi [7]. Ulteriore elemento da considerare attiene al fatto che nel settore innovativo, per definizione caratterizzato da dinamismo e flessibilità, la semplice apertura di una tra le procedure concorsuali regolate dalla legge fallimentare inciderebbe negativamente sulla possibilità di avviare una nuova attività d’impresa in breve termine, infatti, l’in­solvenza dell’imprenditore – quantomeno – ne ritarderebbe la possibilità di ripartenza. Peraltro, il patrimonio di queste imprese si rivela nella maggioranza dei casi “povero” di beni prontamente liquidabili, ma composto anzitutto da know how e c.d. intangibles [continua ..]


2. L’applicazione delle sole procedure da sovraindebitamento per le start-up innovative

Per le ragioni appena delineate è stato introdotto l’art. 31, 1° comma, D.L. 18 ottobre 2012, n. 179 in forza del quale le start-up non sono assoggettabili a procedure concorsuali diverse da quelle regolate nel Capo II della L. 27 gennaio 2012, n. 3 [10]. Ne consegue che, qualora la società non riuscisse ad adempiere con regolarità alle proprie obbligazioni o versasse in una perdurante crisi di liquidità, potrebbe decidere di liquidare l’intero suo patrimonio per distribuirne il ricavato ai creditori, ovvero, accordarsi con questi ultimi a maggioranza per definire la misura e le modalità del loro pagamento [11]. Nell’originario disegno legislativo (cfr. L. 27 gennaio 2012, n. 3), dette procedure erano state introdotte per consumatori e imprenditori non fallibili per attività e dimensioni; di conseguenza, si attagliavano alle specifiche caratteristiche di questi soggetti. Solo con le modifiche intervenute con il D.L. n. 179/2012 la loro applicabilità è stata estesa a questa particolare categoria di società commerciali [12]. Esulando dai nostri fini l’analisi dei diversi aspetti che coinvolgono tali procedure [13], in questa sede è sufficiente rilevare che entrambe sono di «natura volontaria e concorsuale» [14], in particolare, diversamente da ciò che accade per il fallimento, l’avvio di tali procedure è ad impulso esclusivo del debitore [15]. Se combiniamo questo dato normativo con le previsioni derogatorie in tema di perdite di capitale (cfr. art. 26, D.L. 18 ottobre 2012, n. 179) è agevole constatare la posizione di debolezza dei creditori. Infatti, «una start up che abbia perduto il capitale sociale ed anzi abbia un capitale negativo, non venendo in considerazione tale principio, potrebbe continuare l’esercizio dell’attività d’impresa pur se in “stato di insolvenza” e pur in una situazione di aggravamento del medesimo, senza che i creditori possano richiedere il fallimento della stessa» [16].


3. L’esenzione dal fallimento: un’eccezione temporalmente limitata

Si accennava come l’introduzione della nozione di start-up innovativa – unitamente ad un peculiare statuto speciale per tali imprese – sia avvenuta per mezzo dell’art. 25 del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179. Il legislatore, in particolare, ha individuato – con rigore – i requisiti che una società deve avere per ottenere tale qualifica [17]. L’intento legislativo è stato quello di restringere l’ambito definitorio agli enti che si trovano in uno stadio coincidente con la fase iniziale dell’attività d’impresa il quale, evidentemente, va temporalmente circoscritto, così da accordare solo a queste società uno statuto speciale [18]. Per questo motivo l’art. 25, 2° comma, lett. b), D.L. 18 ottobre 2012, n. 179 prevede che non possa qualificarsi start-up innovativa un’impresa costituita da più di 5 anni. Secondo la prognosi legislativa trascorso tale periodo si è in presenza di un’im­presa “matura” che è ormai in piena attività. La previsione va letta in combinato con l’art. 31, 4° comma, D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, che improrogabilmente fissa il termine massimo di durata dei benefici previsti per le start-up innovative in cinque anni dalla data di costituzione. Si tratta di un lasso temporale che involge la fase del­l’attività economica «durante la quale si svolgono le operazioni di avvio, comunque iniziali, dell’attività che deve essere, infatti, nuova ed innovativa. In questo senso, [… cinque] anni è stato ritenuto il periodo di tempo necessario per l’avviamento di un’impresa, al fine di evitare la sua “morte in culla”» [19]. L’apparente chiarezza del testo legislativo impone per la verità la considerazione di un problema concernente l’individuazione puntuale del dies a quo di suddetto ter­mine. Occorre stabilire se considerare: l’avvio dell’attività, l’iscrizione nella sezione generale del Registro delle Imprese oppure il momento di acquisizione della qualifica di start-up [20]. Nel far espressamente riferimento alla costituzione della società (cfr. art. 31, 4° comma, D.L. n. 179/2012) il legislatore sembra optare per il decorso del termine dal­l’iscrizione in sezione generale che, peraltro, rappresenta il momento dal [continua ..]


4. I presupposti per l’applicazione delle deroghe

Per questa strada giungiamo al punto nodale della nostra indagine: una società start-up – fino a quando permanga tale qualifica – non può essere sottoposta alla procedura fallimentare anche ove si manifestino i presupposti che la legge contempla. Tale impedimento, come ha avuto modo di precisare la giurisprudenza di merito, persiste anche in caso di cancellazione della start-up – prima dello spirare del termine quinquennale – simultaneamente dalla sezione generale e da quella speciale [22]. I Giudici, nel negare l’applicabilità nella fattispecie dell’art. 10 L. Fall., rilevano che sussistendo i presupposti per ottenere tale qualifica la società è esentata dal fallimento anche in caso di estinzione; di converso, ne ammette l’applicabilità nell’i­potesi in cui l’ente – perdendo uno dei requisiti legali – fosse stato cancellato dalla sola sezione speciale con permanenza di iscrizione nella sezione generale. Del resto, in quest’ultimo caso, la società – perdendo lo status di start-up – non sarà più destinataria delle deroghe (inclusa l’esenzione dal fallimento) di cui al D.L. n. 179/2012. Viceversa, nell’ipotesi in cui dovesse aversi contestuale cancellazione da entrambe le sezioni, la società si estinguerebbe con la qualifica di start-up e – giacché troverebbe ancora applicazione il regime derogatorio – anche dopo l’estin­zione, continuerebbe ad essere assoggettata alle sole procedure da sovraindebitamento. Il principale rischio insito nell’esenzione per le start-up innovative dal fallimento consiste nell’abuso di tale possibilità a opera di società che, sebbene apparentemente qualificate come tali, sono sostanzialmente prive dei requisiti necessari. Occorre, pertanto, riprendere alcuni aspetti del procedimento che porta all’attribuzione della qualifica per individuarne le eventuali falle. La società, per essere qualificata start-up innovativa, è onerata di compilare e presentare elettronicamente al Registro delle Imprese apposita domanda. Al fine di attestare la sussistenza dei requisiti di cui all’art. 25, 2° comma, D.L. n. 179/2012, il legale rappresentante dell’ente deve produrre apposite autocertificazioni da allegare alla medesima (cfr. art. 25, 9° comma, D.L. n. [continua ..]


5. La start-up innovativa apparente

È quindi chiaro che le autocertificazioni prodotte in fase di iscrizione nella sezione speciale riservata e periodicamente aggiornate onde consentire la permanenza di tale qualifica – unitamente all’effettivo perseguimento dell’oggetto sociale innovativo indicato nell’atto costitutivo – assumono primaria importanza, dipendendo da esse l’applicazione o meno di un certo regime [25]. Proprio con riferimento a tali atti, infatti, potrebbero manifestarsi comportamenti elusivi, in altre parole, con riguardo all’opportunità di un meccanismo che tanto rilievo assegna ad autocertificazioni provenienti dalla società stessa si corre il rischio di attribuire «una sorta di autoreferenzialità della natura stessa della società che, pur essendo una società commerciale, sarebbe sottratta al fallimento sulla base della mera dichiarazione del suo legale rappresentante a scapito delle ragioni dei creditori» [26]. Diversamente dalle attestazioni private già in uso in ambito societario, queste autocertificazioni non sono rilasciate da un soggetto dotato dei caratteri di indipendenza, autonomia e professionalità che potrebbero giustificarne una valenza tanto pregnante [27]. Il risultato sarebbe l’indebito esonero dal fallimento per società che, seppur apparentemente start-up innovative, in concreto non hanno diritto a detto regime giacché la loro iscrizione nell’apposita sezione speciale si basa su dichiarazioni non conformi al vero. Non a caso, un significativo filone giurisprudenziale attiene alla valutazione dei requisiti per ottenere l’iscrizione nell’apposita sezione speciale [28]. Proprio in considerazione del fatto che il rischio di abusi nel corso del delineato procedimento costituisce una concreta evenienza, occorre individuare la soluzione per l’ipotesi in cui, avviata una procedura di accordo la società – a seguito di controlli sopravvenuti da parte dell’Ufficio del Registro delle Imprese che accertino irregolarità nell’attribuzione della qualifica – dovesse seguire la cancellazione del­l’ente dalla sezione speciale. In questo caso – giacché la società sarebbe sottoponibile a fallimento – verrebbe meno il requisito di cui all’art. 7, 2° comma, lett. a), L. n. 3/2012 (in base al quale la procedura non è [continua ..]


5.1. La legittimazione dei creditori a chiedere il fallimento

Analizzato il caso in cui l’irregolarità dell’iscrizione nella sezione speciale venga rilevata a seguito di attività di controllo delle Camere di Commercio, occorre pas­sare all’ipotesi in cui il sospetto di un’indebita qualificazione come start-up, provenga dai creditori sociali. Nella situazione ora prospettata sarà necessario un intervento ex autoritate per rimuovere tale ostacolo in modo da poter avviare la procedura fallimentare. Giacché solo in caso di indebita attribuzione della qualifica i creditori sono legittimati – sussistendone i presupposti – a chiedere il fallimento della società, spetterà a costoro l’onere di introdurre il giudizio innanzi al Tribunale fallimentare lamentando di trovarsi in presenza di una start-up apparente. Nel corso dell’istruttoria prefallimentare sarà rimessa al Giudice la valutazione della fondatezza delle richieste, giacché investito del potere di indagare l’effettiva sussistenza dei parametri giustificativi dell’attribuzione della qualifica e salva la possibilità per la società di dimostrare l’esistenza dei requisiti che ne giustificano l’iscrizione nella sezione speciale riservata alle start-up. Nel nostro ordinamento la regola generale, infatti, è la soggezione dell’impren­ditore commerciale al fallimento, salve le deroghe legali tra cui, a partire dall’entra­ta in vigore del D.L. n. 179/2012, vi rientra anche l’essere start-up. La presenza di tale qualifica, detto in altri termini, costituisce un fatto impeditivo all’applicazione del fallimento pertanto, alla stregua di quanto accade in tema di soglie dimensionali di cui all’art. 1 L. Fall., La prova dell’eccezione è rimessa al debitore [32]. Naturalmente, fermi restando i poteri inquisitori del Tribunale [33], incomberà sul creditore istante l’obbligo di dimostrare – oltre allo stato di insolvenza [34] – «il carattere commerciale dell’impresa esercitata dal debitore resistente, con la conseguenza che il dubbio concernente la classificazione finisce per ricadere sul medesimo soggetto istante» [35]. E dal momento che la qualifica di start-up va intesa come requisito soggettivo di non fallibilità, ovvero, quale fatto impeditivo che deve provare il debitore per evitare il fallimento, [continua ..]


6. Riflessioni conclusive

È meritevole l’intento legislativo che ha portato all’introduzione di uno statuto speciale per le start-up, onde incentivare la nascita e il prosperare di imprese innovative, tuttavia, nel fare ciò non si devono trascurare gli interessi degli stakeholders. Abbiamo evidenziato come nel sistema sussistano diversi elementi che potrebbero portare ad un abuso delle previsioni legislative: ai creditori resta preclusa la possibilità di dare impulso ad una procedura di sovraindebitamento che può essere avviata solo dal debitore. In conseguenza di ciò occorre individuare una valida possibilità per tale categoria onde accordare loro la giusta protezione. In particolare riteniamo che non possa escludersi per costoro la legittimazione a presentare il ricorso per chiedere il fallimento dell’ente. Ciò determina che, oltre alle verifiche delle camere di commercio in fase di iscri­zione della corrispondenza formale e per accertare la veridicità delle informazioni, un controllo successivo può essere posto in essere – oltre che dal Registro delle Imprese – dal Tribunale fallimentare. Ne deriva che i requisiti di cui all’art. 25, D.L. n. 179/2012 per considerare una società come start-up vadano intesi come elementi negativi della legittimazione al fallimento e, di conseguenza, è necessario che tutti sussistano affinché la società sia esentata dalla sottoposizione a tale procedura concorsuale. Evidentemente, si tratta di una valutazione che non può basarsi sulla mera iscrizione della società nell’apposita sezione del Registro delle Imprese, in primo luogo perché tale registrazione potrebbe essere frutto di dichiarazioni non veritiere, ovvero, perché dal momento dell’iscrizione – o dell’aggiornamento delle informazioni – la società potrebbe aver perso i caratteri che ne giustifichino l’applicazione del regime diversificato. I creditori, pertanto, in presenza dei presupposti sono legittimati a chiedere il fallimento della presunta start-up apparente, sarà poi la società a dover dimostrare la sussistenza dei requisiti legali e, quindi, la correttezza della sua iscrizione nella sezione speciale dedicata alle start-up che ne comporta l’esonero dal fallimento. La decisione, in definitiva, spetterà al Tribunale fallimentare che – anche sulla [continua ..]


NOTE