Il Diritto Fallimentare e delle Società CommercialiISSN 0391-5239 / EISSN 2704-8055
G. Giappichelli Editore

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Il “controllo” dello stato sull´impresa nella disciplina emergenziale covid-19 (di Nicoletta Michieli, Dottore di Ricerca in Diritto commerciale, Docente a contratto, e Avvocato)


La disciplina d’emergenza varata nei settori del diritto societario e del diritto concorsuale dal nostro legislatore per fare fronte al devastante impatto economico causato dal lockdown delle attività produttive ha complessivamente evidenziato (i) la mancanza di un diritto societario della crisi; (ii) l’incertezza nel contemperare le esigenze di finanziamento dell’impresa in crisi con i diritti dei creditori e degli stakeholders; (iii) la difficoltà di garantire il giusto equilibrio tra capitale di rischio e finanziamento redimibile, tanto da aver solo marginalmente investito sugli strumenti di apporto in equity.

Con il presente lavoro si intende analizzare alcuni dei questi interventi al fine di verificare in che modo le soluzioni avanzate possano determinare modifiche, anche sostanziali, della governance societaria e comportare persino una nuova forma di controllo da parte dello Stato sulla governance stessa a fronte del sostegno economico che, direttamente o indirettamente, esso è chiamato a garantire alle imprese in difficoltà.

The “control” of the state over the company in the Covid-19 emergential regulation

The emergency regulations launched in the areas of company law and insolvency law by our legislator to deal with the devastating economic impact caused by the lockdown of production activities has overall highlighted (i) the lack of a crisis’ corporate law; (ii) the uncertainty in reconciling the financing needs of the company in crisis with the rights of creditors and stakeholders; (iii) the difficulty of guaranteeing the right balance between risk capital and redeemable financing, to the ex­tent that it has only marginally invested in equity instruments.

With this work we intend to analyze some of these interventions in order to verify how the advanced solutions can determine changes, even substantial ones, of corporate governance and even entail a new form of control by the State over the governance itself in return for economic support which, directly or indirectly, it is called upon to guarantee to companies in difficulty.

Keywords: Covid-19 emergency discipline, financial support to businesses, facilitated access to credit, investments in equity, state’role in the governance of private companies, control of the State, supervised management of the company.

SOMMARIO:

1. Premessa. La specialità delle disposizioni emergenziali - 2. Le misure di sostegno alle imprese nella disciplina emergenziale: erogazione di finanziamenti e garanzia dello Stato - 2.1. (Segue): il privilegio speciale dello Stato nella garanzia dei prestiti erogati - 3. Il “bail out di ritorno”, ovvero l’abdicazione del modello di sostegno privato all’economia? - 4. La partecipazione dello Stato nella ricapitalizzazione delle società - 5. Conclusioni: verso una nuova forma di controllo pubblico delle imprese private senza vincolo partecipativo? - NOTE


1. Premessa. La specialità delle disposizioni emergenziali

La crisi pandemica causata dal virus Covid-19 ha indotto i Paesi di tutto il mondo ad adottare misure di emergenza senza precedenti per fare fronte al devastante impatto economico conseguente al protrarsi del lockdown delle attività produttive [1], già provate dalla lunga recessione causata dalla crisi finanziaria che dall’anno 2008 si è propagata dagli Stati Uniti [2]. A fronte dell’oggettiva inadeguatezza degli ordinari strumenti normativi (sia quelli di tipo liquidatorio che quelli che perseguono la continuità aziendale mediante la ristrutturazione dell’impresa) [3], gli Stati hanno per lo più varato norme speciali con procedure d’emergenza (rectius: mediante la decretazione d’urgenza e la conversione ex post dei provvedimenti assunti dall’esecutivo [4]) nei settori del diritto societario e del diritto concorsuale ed hanno, altresì, previsto strumenti ad hoc a sostegno dell’economia che dovrebbero garantire una certa liquidità ad imprese e famiglie in difficoltà [5]. In pochi mesi il nostro Governo ha emanato, in particolare, ben tre decreti legge con cui ha in vario modo temporaneamente derogato ad alcune disposizioni del diritto societario e della legge fallimentare [6]: D.L. 17 marzo 2020, n. 18, c.d. “Decreto Cura Italia” [7], convertito in L. 5 giugno 2020, n. 40; D.L. 8 aprile 2020, n. 23, c.d. “Decreto Liquidità” [8], convertito con modificazioni in L. 5 giugno 2020, n. 40; D.L. 19 maggio 2020, n. 34, c.d. “Decreto Rilancio” [9], ai quali si aggiunge il D.L. 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, in L. 17 luglio 2020, n. 77 [10] ed il D.L. 23 luglio 2021, n. 105, convertito con modificazioni in L. 16 settembre 2021, n. 126 – con cui è stato prorogato al 31 dicembre 2021 lo stato di emergenza [11]. Con più specifico riferimento agli interventi che hanno riguardato il sostegno alle imprese, una delle prime esigenze avvertite è stata quella di limitare l’accesso alle procedure di tipo liquidatorio al fine di impedire che molte imprese fossero sottoposte a procedure concorsuali in assenza di un pregresso stato di crisi o di insolvenza e che venissero così disgregati interi comparti produttivi con perdita di livelli occupazionali. Per effetto dell’art. 10, D.L. 8 aprile 2020, n. 23), con una [continua ..]


2. Le misure di sostegno alle imprese nella disciplina emergenziale: erogazione di finanziamenti e garanzia dello Stato

Va preliminarmente ricordato che le forme di intervento previste dal Governo italiano al fine di sostenere le imprese colpite dalla crisi causata dalla pandemia sono diverse e tra loro molto eterogenee. Esse si integrano con quelle predisposte, nel contesto della contrattazione privata, dall’Associazione Bancaria Italiana che già prima del varo delle misure governative aveva sottoscritto con le associazioni rappresentative dell’imprenditoria, in data 7 marzo 2020, un addendum all’esistente “Accordo per il Credito 2019”, del 15 novembre 2018, con cui aveva esteso i benefici di cui alla misura “Imprese in Ripresa 2.0” anche ai finanziamenti in essere al 31 gennaio 2020 erogati più specificamente a favore di imprese (PMI e micro imprese) danneggiate dall’emergenza Covid-19. L’accordo, infatti, nella versione originaria del 15 novembre 2018, già prevedeva la possibilità per le micro imprese e le PMI le cui esposizioni non fossero classificate come non performing: i) di sospendere fino ad un massimo di dodici mesi (e non fino a settembre come invece prevede il Decreto “Cura Italia”) il pagamento della quota capitale delle rate dei finanziamenti (quindi non la quota interessi). L’adden­dum ha esteso tale beneficio anche ai finanziamenti concessi “a medio-lungo termine (mutui)” ed ai leasing in essere al 31 gennaio 2020, laddove, invece, il Decreto “Cura Italia” ha previsto un analogo favor ma rispetto a mutui, finanziamenti e leasing con rate in scadenza entro il 30 settembre 2020 (art. 56, 2° comma, lett. c), v. nt. 25). Tale accordo, inoltre, ii) consentiva la proroga della scadenza dei finanziamenti. Nonostante qualsivoglia favor fosse riservato ad imprese danneggiate dall’emer­genza epidemiologica “Covid-19” non si richiedeva che fosse autocertificato che la condizione della carenza di liquidità fosse dovuta alla crisi legata al Covid-19. Il Decreto “Liquidità”, a sua volta, ha consentito alle imprese (oltre che a lavoratori autonomi e liberi professionisti titolari di partita IVA, e di tutte le eventuali altre categorie specificamente indicate) di richiedere ulteriori e nuovi crediti garantiti dallo Stato sia attraverso SACE S.p.a. che attraverso il Fondo di garanzia per le PMI. Quest’ultimo, come noto, è stato oggetto di alcuni interventi (v. art. 2, [continua ..]


2.1. (Segue): il privilegio speciale dello Stato nella garanzia dei prestiti erogati

Il Decreto “Rilancio” in particolare, seguendo un’impostazione diametralmente opposta a quella che la dottrina aveva con forza avanzato in relazione agli strumenti finanziari partecipativi [45], sembra quindi favorire una tipologia di aiuti che si concretizza nell’emissione di «obbligazioni o titoli di debito di nuova emissione» [46]. L’intervento pubblico da parte dello Stato si è realizzato con la sottoscrizione, entro il 31 dicembre 2020, di quote di titoli di debito da parte di un Fondo di nuova costituzione (Fondo Patrimonio PMI, affidato alla Agenzia nazionale per l’attrazio­ne e gli investimenti e lo sviluppo di Impresa S.p.a. – Invitalia, art. 26, 12° comma). Obbligazioni o titoli di debito potevano essere sottoscritti nei limiti di dotazione del fondo (attualmente la capienza è di 4 miliardi di euro) e rimborsati entro sei anni dalla loro sottoscrizione. Poiché la sottoscrizione di capitale di debito si realizzava in un momento in cui la società già versava, verosimilmente, in una situazione di tensione finanziaria si è espressamente previsto che in caso di successivo fallimento della società, o accesso ad altra procedura concorsuale (art. 26, 14° comma), i crediti del Fondo derivanti dalla sottoscrizione potessero essere soddisfatti solo «dopo i creditori chirografari» ma prima di quelli postergati, ai sensi dell’art. 2467 c.c. Tale disposizione, invero, pare trovare una propria ratio esclusivamente nella volontà di creare una sorta di “privilegio speciale” a favore dello Stato [47], visto che la sottoscrizione del finanziamento, diverso dall’equity, si realizzava chiaramente in una situazione di squilibrio patrimoniale che, di contro, originerebbe ex lege l’ob­bligo di rimborso con postergazione. Si tratta di una soluzione che si espone a delle critiche e che, come anticipato, non pare pienamente condivisibile nella misura in cui rafforza l’idea che lo stato di crisi (pur reversibile) possa e/o debba essere affrontata attraverso strumenti che incrementano l’esposizione debitoria delle imprese, e per di più verso lo Stato, al di là della possibilità di consentirne il rientro attraverso meccanismi di preammortamento. A ciò si aggiunga, e questo è uno degli aspetti più dirompenti della normativa, che a fronte [continua ..]


3. Il “bail out di ritorno”, ovvero l’abdicazione del modello di sostegno privato all’economia?

Ebbene, le risposte normative predisposte dal Governo italiano suggeriscono una riflessione sulle diverse modalità con cui, rispetto al passato, si è tentato di far fronte ad una crisi finanziaria (forse) senza precedenti che indistintamente ha travolto le economie mondiali imponendo l’erogazione urgente di sostegni finanziari alle imprese. Non è poi così lontano il tempo in cui la crisi economica e finanziaria innescata dai fallimenti delle banche americane del 2007-2009 (che per quasi un decennio ha riverberato i propri effetti sull’economia italiana e di diversi paesi dell’Unione Europea) aveva, come noto, indotto i legislatori europei ad intervenire, in primis, in ma­niera significativa sui meccanismi di stabilità delle banche [48]. La ricerca di stabilità del sistema finanziario comunitario e l’armonizzazione delle regole di prevenzione e gestione della crisi bancaria e dei regimi di insolvenza avevano suggerito di imporre agli intermediari una dotazione patrimoniale idonea a prevenire i default, ammettendo l’applicazione di strumenti di risoluzione e l’impiego di risorse del Fondo di risoluzione (Single Resolution Fund, SRF). L’Unione bancaria europea attraverso i suoi tre pilastri (Single Supervisory Mechanism – Disciplina delle risoluzioni bancarie e Fondo di garanzia) è divenuta l’e­picentro di un sistema economico giuridico volto a prevenire l’impatto sistemico delle crisi sui conti pubblici. Con la Direttiva 2014/59/UE (Banking Recovery and Resolution Directive, per brevità “BRRD”) [49] si è, quindi, assistito al superamento dell’impostazione tradizionale che vedeva come protagonisti dei salvataggi dei gruppi bancari i singoli governi grazie all’utilizzo di finanza pubblica (i.e. dei contribuenti) (c.d. bail out) [50]. La disciplina varata nel 2014 favoriva, invece, il più possibile, per il salvataggio delle imprese bancarie e finanziarie il ricorso alla finanza privata, vietando l’inter­vento diretto o indiretto da parte dello Stato (c.d. bail in). In un contesto di gruppo societario, ciò veniva garantito grazie al sostegno finanziario infragruppo che, oltre ad assurgere a strumento di prevenzione della crisi, era utilizzato dai collegi di risoluzione bancari come meccanismo forzoso per evitare la disgregazione delle imprese bancarie e [continua ..]


4. La partecipazione dello Stato nella ricapitalizzazione delle società

Nonostante, come visto, gli interventi attuati dall’UE e dai diversi Stati membri abbiano avuto per lo più ad oggetto la messa a disposizione di liquidità sotto forma di finanziamento (o, in generale, di indebitamento), sono stati complessivamente previsti anche incentivi agli interventi sul capitale. In questo senso si pone la modifica del Temporary Framework della Commissione europea (v. sopra) che si integra e coordina con le disposizioni del Decreto “Ri­lancio” (v. art. 26) e con cui, come visto nel precedente paragrafo, la Commissione europea (v. già con l’intervento dell’8 maggio 2020) ha ammesso interventi sul capitale sul presupposto che le misure di lockdown assunte da diversi Stati membri per contenere la pandemia da coronavirus abbiano influito sulla capacità di molte imprese europee di produrre beni o fornire servizi, con perdite rilevanti che hanno ridotto il loro capitale e la loro capacità di contrarre prestiti sui mercati. Di qui, appunto, la necessità di predisporre interventi strutturali di supporto alle imprese, quali apporti di capitale, strumenti ibridi o prestiti subordinati, al fine di evitare fallimenti del mercato e tensioni sociali a causa di una perdita significativa di posti di lavoro [68]. In particolare, la Commissione europea, con Comunicazione 12 giugno 2020, ha proposto di adeguare le condizioni per le misure inerenti «la ricapitalizzazione delle società nell’ambito del quadro temporaneo in relazione alle ipotesi in cui gli investitori privati contribuiscono all’aumento di capitale di società insieme allo Stato. Da un lato, le modifiche proposte consentirebbero alle imprese che sono già a partecipazione statale di ottenere capitale, analogamente alle imprese private, pur mantenendo le stesse garanzie per preservare una concorrenza effettiva nel mercato unico; dall’altro, le modifiche proposte incentiverebbero gli apporti di capitale con una significativa partecipazione privata anche in imprese private». Gli aiuti alla ricapitalizzazione avrebbero dovuto essere comunque concessi solo sino al 31 giugno 2021 ed in via subordinata alla mancanza di altre soluzioni adeguate (v. sopra, Comunicazione C 2021/C34/06 di proroga del Quadro delle misure di aiuto). Per poter beneficiare della ricapitalizzazione, si è chiesto alla società di presentare una richiesta scritta di intervento [continua ..]


5. Conclusioni: verso una nuova forma di controllo pubblico delle imprese private senza vincolo partecipativo?

Alla luce di quanto evidenziato si ricava come lo Stato si sia fatto carico di sostenere, temporaneamente, l’impresa in crisi e di “traghettarla” fuori dall’emergenza. Lo Stato, in primo luogo, ha garantito la destinazione dei finanziamenti senza necessariamente assumere partecipazioni al capitale sociale. Il legislatore ha comunque consentito allo Stato l’ingresso forzoso nella compagine di società interamente private ammettendone l’uscita (il cui processo non è stato nemmeno chiaramente delineato) solo dopo l’integrale restituzione di quanto apportato a capitale di rischio. Grazie al suo intervento, allo Stato è riconosciuta la legittimazione a programmare piani di risanamento e di ristrutturazione del debito che saranno inevitabilmente influenzati dal ruolo dallo stesso assunto nella complessiva operazione di salvataggio della società. Nonostante al socio pubblico non siano riconosciuti diritti di tipo patrimoniale, lo Stato si è riservato, comunque, la titolarità di alcuni diritti amministrativi (su tutti il voto assembleare) ed il potere di monitorare che la governance sia esercitata nel rispetto della legge e che l’attività d’impresa sia improntata ad una corretta gestione imprenditoriale e societaria. Trattandosi, tuttavia, di risorse finanziarie che vengono erogate ad imprese tecnicamente già insolventi o, quantomeno, in crisi, si pone il problema, in primo luogo, di individuare i poteri che lo Stato, come azionista, potrebbe esercitare rispetto alla governance societaria anche nel contesto delle procedure concorsuali: è, infatti, di tutta evidenza il conflitto di interessi tra le diverse categorie di creditori, risultando, peraltro, in parte stravolto l’ordine dei privilegi per effetto del privilegio speciale che viene accordato allo Stato nel rimborso dei finanziamenti erogati e che collocano il soggetto pubblico in via antergata rispetto ai creditori chirografari. In capo allo Stato, socio pubblico, si sovrapporrebbero posizioni pur di rango pub­blicistico, non pienamente coincidenti: da un lato, infatti, lo Stato sarebbe tenuto a monitorare l’andamento economico finanziario dell’impresa finanziata nella prospettiva di ottenere il rimborso di quanto concesso; mentre, dall’altro, si porrà il problema della conservazione della continuità aziendale quale presupposto che accomuna tutti [continua ..]


NOTE